di Sandro CaliceI DUE PRESIDENTI
di Richard Loncraine. Gran Bretagna, Usa 2010 (Medusa)
Michael Sheen, Dennis Quaid, Helen McCrory, Hope Davis, Adam Godley, Chris Wilson, Mark Bazeley, Demetri Goritsas, Eric Meyers, Kerry Shale, Matthew Marsh, John Schwab.
Che l’ex primo ministro inglese Tony Blair sia stato un personaggio politico importante nessuno lo mette in dubbio. Dedicargli una trilogia cinematografica, però, forse è eccessivo. “I due presidenti” è infatti il terzo film sulla figura del premier inglese sceneggiato da Peter Morgan dopo “The Deal” (2003) e “The Queen” (2006), entrambi diretti da Stephen Frears e sempre con Michael Sheen nel ruolo di Blair.
Nel 1992 un giovane Tony Blair, non ancora primo ministro, si reca a Washington per incontrare gli esperti di comunicazione di Bill Clinton. L’incontro con il presidente americano è un colpo di fulmine, un perfetto esempio di quello che Churchill per primo, parlando del rapporto tra premier britannico e presidente statunitense, aveva chiamato “special relationship”. Da quel momento e fino al 2001, termine del mandato di Clinton, la vita politica, ma a tratti anche personale, dei due uomini politici sarà strettamente intrecciata, dalla crisi con l’Ira in Irlanda al sexy gate di Monica Lewinsky alla guerra del Kosovo. Le vite di due uomini che sentivano di avere i sogni e il potere per cambiare il mondo e la storia di com’è andata veramente.
Loncraine (“Riccardo III”, Firewall – accesso negato”, “Wimbledon”) non ha una mano particolarmente felice in questa occasione. Ma forse dipende tutto dalla sceneggiatura. Gli attori si sforzano abbastanza di essere il più possibile somiglianti agli originali, anche se a volte l’effetto è un po’ caricaturale: Clinton-Quaid in alcune scene sembra una sorta di Bossi del Texas. La ricostruzione storica è abbastanza fedele. Ma non c’è molto altro. Le “rivelazioni” sui retroscena fanno in realtà una magra figura rispetto a quello a cui ci siamo abituati negli ultimi anni, compreso il caso Wikileaks di questi giorni. Ai personaggi, poi, non viene dato il tempo di crescere, di prendere spessore, soprattutto Blair, che appare ondivago (“chissà se sei mai stato di centrosinistra” gli dice Clinton quando si congedano) e interessato solo a mantenere la posizione. La debolezza principale, però, è nel taglio troppo “televisivo” di tutto il film, tanto che in qualche punto ci si aspetta quasi che possa partire la pubblicità.