di Sandro Calice RCL – RIDOTTE CAPACITA’LAVORATIVE
di Massimiliano Carboni, Italia 2010 (Iris Film)
Paolo Rossi, Emanuele Dell'Aquila, Alessandro di Rienzo, Davide Rossi, Daniele Maraniello, Biagio Ippolito, Marcello Colasurdo.
Questo è un film di fantascienza. Cioè, di fantascienza sarebbe il film che Paolo Rossi vorrebbe girare sulla vicenda degli operai della Fiat di Pomigliano d’Arco, perché “è l'unico genere che può descrivere quel che sta succedendo in Italia”. Non va a finire proprio così, ma intanto il viaggio è curioso.
Paolo arriva a Pomigliano poco dopo il referendum che ha chiamato gli operai a esprimersi sui nuovi investimenti della Fiat nella fabbrica di Pomigliano al prezzo di condizioni di lavoro più dure e meno diritti sindacali. Con lui ci sono il suo braccio destro e addetto alla colonna sonora, l’operatore operaista, il fonico neopapà e sul posto si aggiunge il fotografo. Si aggirano per la cittadina cercando di coglierne l’anima, contadina fino agli anni Sessanta, poi industriale. Parlano col sindaco di centrodestra in quella che, dice Paolo, era definita la Stalingrado del Sud, incontrano Don Peppino Gambardella, prete di sinistra e dalla parte degli operai, si fanno spiegare la fabbrica dal sindacalista, che gli svela l’esistenza degli operai RCL, quelli che non possono lavorare efficacemente sulla catena di montaggio e che vengono messi in una struttura a parte che gli altri chiamano “l’isola dei famosi”. E infine vanno a una cena dove gli operai raccontano la loro verità. Alla fine non c’è dubbio: al produttore Paolo dirà che l’unico modo per raccontare questa vicenda è un film di fantascienza in cui Shakira è un'aliena venuta dal pianeta Lapo che insieme con Nino D'angelo nei panni di Karl Marx viene a salvare la classe operaia di Pomigliano e del mondo. Ma Shakira non risponde al telefono, Nino D’Angelo ha da fare e non resta che affidarsi allo spirito del grande Charlie Chaplin sperando che illuimini tutti con un’ennesima grande idea.
Il regista dice di aver voluto raccontare le storie e le idee delle persone al di là della semplice inchiesta giornalistica, con un linguaggio che sta tra la fiction, il documentario e il reality. Non c’è nessuna particolare invenzione, in realtà, nulla che non sia già stato visto da Gregoretti a Michael Moore. Semmai si ha l’impressione che il racconto sia compresso, che i “personaggi” e le storie non si dispieghino, forse proprio perché quella vicenda è stata abbondantemente sviscerata da “semplici” inchieste giornalistiche e che l’unico valore aggiunto qui sia solo la bravura e la comicità surreale di Paolo Rossi. E infatti di “surrealismo civile” parlano gli autori quando vogliono dare la cifra di questo lavoro. Il momento più bello è sicuramente quando Paolo legge in camera il volantino che gli operai polacchi della Fiat di Tychy hanno scritto ai colleghi di Pomigliano. Un momento semplice, ma di un’emozione che se avesse attraversato il resto del film gli avrebbe fatto molto bene.