Balcani, crisi infinita


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Verso l’Europa una strada piena di ostacoli

Serbia e la minoranza interna, Spagna e Cipro gli scogli maggiori n

I risultati diramati dalla Commissione elettorale sono da ritenere preliminari: quelli definitivi saranno comunicati soltanto dopo l’esame dei numerosi ricorsi presentati contro presunti brogli e irregolarità. In particolare, la Ldk contesta il dato sull’affluenza alle urne nelle zone ritenute “feudi” del Pdk. Il tasso di partecipazione globale è stato del 47,8%, ma in due collegi-chiave ha raggiunto il 94%. “Si tratta di un dato statisticamente impossibile, politicamente inaccettabile e legalmente contestabile”, tuona il portavoce della Ldk, Gashi, e aggiunge: “Ci serviremo di ogni mezzo legale per portare legittimità e democrazia in tutto il Kosovo”. I circa 5.000 osservatori che hanno sovrinteso al voto ammettono che ci sono state irregolarità, ma ne ridimensionano in parte la portata: “Non credo che i brogli nei due collegi in questione possano inficiare l’intero processo elettorale, che tutto sommato è stato organizzato e gestito bene”, osserva Doris Pack, capo della missione di osservatori dell’Europarlamento. L’Ue e gli Stati Uniti considerano queste elezioni come un banco di prova per la maturità democratica dei kosovari, un piccolo passo verso l’integrazione del Paese nelle istituzioni europee. “E’ importante che nasca presto una maggioranza di governo e si nomini il nuovo presidente. Nel 2011 dobbiamo compiere molti progressi verso l’adesione del Kosovo all’Unione europea”, ha detto l’Alto commissario Ue, Catherine Ashton.

In realtà, la strada del Kosovo verso l’Ue non è così facile come le dichiarazioni della Ashton potrebbero lasciar credere. L’indipendenza è stata formalmente riconosciuta da una settantina di Paesi, tra cui gli Stati Uniti e molti Stati membri dell’Unione. Tuttavia Cipro e Spagna, alle prese con movimenti separatisti, hanno fatto sapere fin dal 2008 che non riconosceranno mai la nuova entità. Lo status del Kosovo, peraltro, non è ancora chiaro. A regolarlo è la risoluzione 1244 dell’Onu, che nel 1999 riaffermava la “sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica federale Jugoslava”, la quale nel frattempo si è completamente dissolta. La risoluzione parla di una “sostanziale autonomia e significativa auto-amministrazione per il Kosovo”, ma non cita espressamente l’indipendenza. Per questo motivo la Serbia, altro Paese che aspira in un futuro ad entrare nell’Ue, giudica l’indipendenza “illegittima e contraria al diritto internazionale”. Qualche mese fa, la Corte internazionale di Giustizia, cui la Serbia si era rivolta, ha sentenziato che la dichiarazione di indipendenza non ha violato le normative internazionali. In linea con le posizioni di Belgrado sono, in massima parte, i circa 100.000 cittadini del Kosovo di etnia serba, che vivono concentrati lungo il confine con la Serbia, a Nord del fiume Ibar, e in altre enclave sparse in tutto il territorio. Da anni il Nord, che anche stavolta ha disertato le urne, si comporta come un’entità indipendente da Pristina. R. F.