>> La fotogallery
di Mauro Caputi
Un grande avvenimento sportivo, ma anche il primo evento televisivo, trasmesso in diretta in 18 Paesi nel mondo. Questi sono stati i Giochi della XVII Olimpiade, i Giochi di Roma 1960. I primi seguiti con 110 ore complessive di diretta su quel piccolo schermo che cominciava a trovare posto nelle case degli italiani. Ma non solo, perché anche negli altri Paesi, prima di quel fatidico 1960, le gare delle Olimpiadi erano state sintetizzate in poche immagini trasmesse con ore, spesso con giorni, di ritardo sull’accaduto. Per quei Giochi si mobilità l’intera Italia, in tutti i suoi settori. E la Rai non fu da meno, rendendo possibile ciò che fino ad allora non si era mai visto: le Olimpiadi in tv.
E’ la grande storia di “Roma 1960 – Le Olimpiadi della tv”, scritto a quattro mani da Barbara Scaramucci e Claudio Ferretti ed edito da RaiEri. Il libro, di cui è parte integrante un dvd, è stato presentato nel salone d’onore del Coni e tenuto a battesimo dal numero 1 dello sport italiano Gianni Petrucci. “Il bel matrimonio tra sport azzurro e Rai va avanti da tempo –dice Petrucci-. Quest’opera è la rilevanza del ruolo ricoperto dal servizio pubblico nella storia del nostro movimento. Roma 1960 fu la prima edizione trasmessa in mondovisione. Oggi rinnoviamo i ringraziamenti per la passione, la competenza e la qualità che hanno sempre accompagnato il racconto delle gesta sportive da parte della tv di stato”. Per il presidente del Coni c’è anche la speranza che fra dieci anni si possa parlare di una nuova Olimpiade per l’Italia, una nuova Olimpiade di Roma.Il presidente della Rai, Paolo Garimberti, autore della prefazione del volume, ricorda che “quelle Olimpiadi furono uno spartiacque per la mia generazione. Si passò dallo sport immaginato allo sport visto. Nel 1960 la Rai aveva un paio di milioni di abbonati. Sono convinto che aumentarono di molto grazie ai Giochi. A casa mia convinsi mio padre a comprare il televisore. Era settembre, non avevo esami di riparazione e volevo godere ogni momento di quel favoloso evento. Credo che ci sia stato il salto di qualità nel rapporto fra sport, tv e spettatori”.
E la Rai raccontò come l’Italia si preparò all’evento. I cinque anni precedenti il 1960 furono attraversati dal fermento della crescita sociale ed economica, poi culminata nel cosiddetto miracolo dei primi anni Sessanta. “Il nostro racconto –spiega Barbara Scaramucci- sfrutta l’immenso patrimonio delle teche Rai. Abbiamo recuperato i filmati dei servizi andati in onda durante le rubriche e gli speciali. Ci sono le cronache delle gare, ma anche i pezzi sull’impegno del Paese per far funzionare la macchina organizzativa. In quel periodo venne inaugurato il secondo tratto dell’autostrada del Sole, venne aperto l’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino. E poi ci sono le centinaia di foto sullo sforzo di quanti lavoravano per la Rai. Perché la televisione, anche durante le Olimpiadi, non parlò solo di atleti e competizioni, ma anche di tutto quello che c’era intorno”. Tito Stagno, storico radio e telecronista che vide il suo nome e la sua voce legati in Italia alla diretta sull’allunaggio, sintetizza così l’aria che si respirava in quel magico mese di settembre: “C’era voglia di correre insieme verso un traguardo comune”.Un’atmosfera che riguardava, ovviamente, anche gli atleti. Furono le Olimpiadi di Cassius Clay e Nino Benvenuti, di Abebe Bikila e Livio Berruti, dei D’Inzeo e del Settebello. E fu pure il momento della ribalta in mondovisione per Giancarlo Peris, nemmeno 19enne, scelto come ultimo tedoforo in quanto vincitore della corsa campestre ai campionati studenteschi (“ci pensavo eccome che sarei stato visto in tutto il mondo”, ammette sorridendo).
Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni, rammenta il clima che si viveva al villaggio olimpico: “Fu il primo villaggio unificato, est e ovest insieme, le due Germanie unite. Per lo sport fu la prima volta in cui si vendettero i diritti televisivi. E devo dire che, grazie alla Rai, si creò il concetto di squadra olimpica. Prima c’erano stati atleti che si erano fatti valere e avevano dato lustro allo sport italiano. Nel 1960 si cominciò a parlare di squadra anche per merito della televisione”.