Rapporto Ocse


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Cresce la pressione del fisco in Italia

Terzi dopo Svezia e Danimarca. Lo studio dell'agenzia parigina lancia l'allarme sulla disoccupazione giovanile nell'area: 16,7 milioni di giovani non studia né lavora h

Nel 2009 è cresciuta al 43,5% del prodotto interno lordo dal 43,3% del 2008. E' quanto riferisce l'Ocse nelle stime preliminari relative all'anno scorso contenute in "Revenue Statistics". L'Italia così supera il Belgio (che nel 2009 ha visto il peso del fisco diminuire al 43,2% dal 44,2% del 2008) e scala di un posto la classifica dei Paesi dove maggiore è il peso delle entrate rispetto al prodotto interno lordo. Prima dell'Italia nel 2009 si collocano solo la Danimarca (48,2%) e la Svezia (46,4%). Oltre a Danimarca, Svezia e Italia, i paesi Ocse che nel 2009 hanno registrato una pressione fiscale sopra il 40%, rispetto al prodotto interno lordo, sono: Australia, Belgio, Finlandia, Francia e Norvegia. Il Messico con il 17,4% di peso fiscale rispetto al Pil e il Cile con il 18,2% hanno registrato nel 2009 la più bassa pressione fiscale dell'area, seguite da Stati Uniti (24%) e Turchia (24,6%). Rispetto alla maggior parte dei Paesi che hanno visto dal 2008 al 2009 una diminuzione della pressione, ci sono Paesi, come la stessa Italia, in cui il peso del fisco nell'anno è cresciuto. Gli incrementi più consistenti si registrano in Lussemburgo (dal 35,5% del 2008 al 37,5% del 2009) e in Svizzera (dal 29,1% al 30,3%).

Peso tasse nell'area più basso dagli anni '90, a 33,7%
La crisi economica e le conseguenti azioni di stimolo fiscale messe in campo da molti Paesi hanno inciso sulla pressione fiscale che nell'area Ocse nel 2009 "ha toccato il livello più basso dagli inizi degli anni '90''. E' quanto sottolinea l'organizzazione di Parigi nel rapporto "Revenue Statistics" diffuso oggi. La pressione si colloca, nella media dei Paesi, al 33,7%, rispetto al 34,8% del 2008 e al 35,4% del 2007.

16,7 milioni di giovani non studia né lavora
In questa fase di ripresa incerta, i giovani hanno il doppio delle possibilità di trovarsi senza lavoro rispetto alle altre fasce d'età, e la loro situazione non accenna a migliorare. E' l'allarme lanciato dall' Ocse sull'occupazione giovanile, che invita i governi ad occuparsi con urgenza del problema per scongiurare il rischio di "esclusione a lungo termine" per una larga parte delle nuove generazioni. Dall'inizio della crisi, riporta lo studio, nell'area Ocse ci sono 3,5 milioni di giovani disoccupati in più, e almeno 16,7 milioni di ragazzi sono nel cosiddetto 'gruppo Neet', non in educazione né al lavoro. Ma la cosa più preoccupante, sottolinea l'organizzazione parigina, è che tra questi ultimi solo 6,7 milioni sono in cerca di un impiego, mentre gli altri 10 milioni hanno smesso di cercare, scoraggiati dalla situazione. In questo contesto, aggiunge lo studio, i governi devono impegnarsi al più presto a "lanciare programmi di intervento che forniscano un'efficace assistenza alla ricerca di lavoro per i diversi gruppi di giovani", con particolare attenzione alle categorie più a rischio, come gli immigrati o i ragazzi privi di titolo di studio. Inoltre, l'Ocse consiglia di "rinforzare l'apprendistato e altre forme di training integrato per giovani con competenze di basso livello" e di "incoraggiare le aziende ad assumere i giovani, fornendo sussidi temporanei, in particolare per le piccole e medie imprese".

Disoccupazione a ottobre sale a 8,6%
Nel mese di ottobre, la disoccupazione nell'area Ocse è stata dell'8,6%, lo 0,1% in più rispetto a settembre. Lo rende noto sempre l'organizzazione parigina, precisando che il numero di disoccupati resta vicino ai massimi del dopoguerra, a 45,7 milioni. In Italia, a ottobre il tasso di disoccupazione è stato dell'8,6%, contro l'8,3% di settembre. Il nostro Paese resta al di sotto della media dell'area euro (10,1%) e di quella dell'Unione europea (9,6%), ma al di sopra di quella del G7 (8,2%).

Italia penultima per tasso occupazione giovani
Italia penultima tra i Paesi Ocse per l'occupazione giovanile: con il 21,7% fa meglio solo dell'Ungheria, ferma al 18,1%, ed è ben al di sotto della media dei Paesi membri, 40,2%. Tra gli occupati inoltre, riporta ancora lo studio, il 44,4% ha un impiego precario, e il 18,8% lavora solo part time. Per quanto riguarda i disoccupati, oltre il 40% sono senza lavoro da lungo tempo, e il 15,9% appartiene al cosiddetto gruppo 'neet', che non studiano né lavorano.