La popolarità di Lukashenko è legata principalmente alle sue politiche economiche, che “antepongono gli interessi della comunità”: una forma di “mercato socialista” che si oppone al “capitalismo selvaggio”. Si tratta, in buona sostanza, delle stesse politiche che erano in vigore sotto lo statalismo sovietico, per il quale Lukashenko non ha mai nascosto la sua nostalgia. Per poter attuare le riforme con le mani più libere, il presidente sospese il Parlamento nel 1996 e si auto-prorogò il mandato di due anni, fino al 2001 quando fu rieletto con un voto ritenuto truccato. Aleksander Lukashenko gode dell’appoggio di 7 partiti o movimenti non registrati come tali, ma presenti alla Camera con loro uomini. Il presidente è riconducibile all’area comunista, in cui si formò sotto l’Urss.
Il sistema politico concede poco spazio ai partiti: alle elezioni del 2008, soltanto i comunisti e il partito dei contadini entrarono in Parlamento, rispettivamente con 6 e un deputato. I rimanenti 103 sono formalmente ritenuti candidati indipendenti. Il presidente può comunque legiferare per decretazione in ogni momento e su ogni tema. Partiti, movimenti ed esponenti dell’opposizione sono del tutto assenti dal Parlamento. Già nel 2006, gli osservatori Osce contestarono la validità delle presidenziali, che assegnarono la vittoria a Lukashenko con l’82,6% delle preferenze.
Il Consiglio d’Europa definì addirittura “illegale” la Costituzione bielorussa, in quanto viola il principio della separazione dei poteri, e a poco sono valse le sanzioni internazionali che hanno colpito il Paese e il suo governo. Lukashenko, già “persona non grata” per l’Ue, ha continuato a governare con “quel piglio autoritario che mi è innato per poter controllare il Paese”, come lui stesso ammise in un’intervista alla radio di Stato nel 2003.
L’unico governo occidentale ritenuto amico della Bielorussia è quello italiano. Un anno fa, il presidente del Consiglio Berlusconi si recò in visita a Minsk per rilanciare i rapporti economici bilaterali. In conferenza stampa, osservò come l’amore del popolo bielorusso per Lukashenko si vede “dai risultati elettorali che sono sotto gli occhi di tutti”, suscitando numerose critiche in Italia. Per il ministro degli Esteri Frattini, invece, l’Europa deve incoraggiare il cammino verso una svolta democratica. La visita di Berlusconi resta a tutt’oggi l’unica di un leader occidentale in 16 anni di isolamento del Paese.
(R. F.)