Gesù visto da Corrado Augias

Accanto al Gesù raccontato dai Vangeli, c’è quello che l'indagine storica ha cercato di ricostruire mediante l’analisi critica dei testi antichi e l’esame del contesto storico e culturale. Sulla scia di questi studi si colloca il libro di Corrado Augias, “Inchiesta su Gesù”, scritto con lo storico del Cristianesimo Mauro Pesce. L'intervista




di Raffaella Miliacca

Da sempre la figura di Gesù suscita un interesse che va oltre il suo significato religioso. La pittura, la letteratura, la musica, il cinema, ma anche il sentimento popolare, se ne sono appropriati per darne interpretazioni diverse a seconda dei tempi e luoghi. Interpretazioni che ci hanno di volta in volta restituito l’immagine di un Cristo amorevole, sofferente, rivoluzionario, caritatevole o castigatore.

Il Gesù che noi conosciamo, dalla nascita in una mangiatoia alla predicazione, dai miracoli alla crocifissione, fino alla resurrezione, è quello che ci viene raccontato dai Vangeli di Luca, Marco, Matteo e Giovanni. La cristianità ne celebra la nascita il 25 dicembre: una data simbolica, non menzionata nei Vangeli, storicamente non accertata, legata al solstizio d’inverno e a preesistenti riti pagani e che la Chiesa ha successivamente fatto propria come festa della natività.

Accanto a questo Gesù c’è quello che la ricerca storica ha cercato di ricostruire mediante l’analisi critica dei testi antichi e l’esame del contesto storico e culturale. Questo tipo d’indagine è cominciata con l’Illuminismo, ha attraversato varie fasi e formulato ipotesi diverse. Sulla scia di questi studi si colloca il libro di Corrado Augias, “Inchiesta su Gesù”, scritto con lo storico del Cristianesimo Mauro Pesce. E con Augias parliamo del “Gesù storico”.

Alla luce della ricerca svolta con il suo libro, qual è la figura che ne emerge?
Devo innanzitutto ringraziare il professor Pesce di aver accettato di parlare di Gesù di Nazareth, Gesù figlio di Giuseppe, in termini soltanto di personaggio storico. I fedeli cristiani spesso non si rendono conto delle differenze che ci sono nel parlare del Gesù storico o del Cristo della fede. Sono due figure anche notevolmente diverse. Parlare del Gesù storico significa immergerlo nella sua epoca, in un Paese come era allora Israele, la Giudea per meglio dire, occupato dai romani, sotto occupazione militare di un esercito straniero, ateo agli occhi degli ebrei. Quindi Gesù non può non aver dato alla sua azione anche un connotato politico. Poi, nella sua predicazione Gesù ha rotto molti dei tabù, delle usanze di allora e anche oggi in parte vigenti in Medio Oriente, per esempio, sui bambini. A quell’epoca i bambini erano degli oggetti di cui il pater familias poteva disporre liberamente, fino alla loro alienazione. Cioè poteva venderli come schiavi, per esempio. Quando Gesù rivaluta i bambini compie un atto di misericordia che è anche un atto politico, pubblico.

Quindi un rinnovatore sociale essenzialmente, o un profeta, un predicatore?
Tutte queste cose insieme. Ma bisogna aggiungere che era anche un taumaturgo. Sempre parlando del Gesù storico, non c’è dubbio che egli avesse dei poteri taumaturgici capaci di guarire mali che erano perlopiù psicofisici., come certe eruzioni cutanee, certe forme di mutismo o di paralisi.

Ritiene che il suo messaggio sia universale e presenti degli aspetti ancora attuali?
Assolutamente. Anzi, dirò di più. Proprio se visto in una prospettiva storica, all’interno dei costumi spesso feroci dell’epoca, l’azione di Gesù di aver reso pubblico, direi “politico”, un sentimento, quello della misericordia, fino ad allora vissuto privatamente, dicendo “attenzione, abbiamo il dovere di essere misericordiosi”, è un messaggio a pieno titolo rivoluzionario.

Uno degli argomenti di maggior dibattito è quello dell’ebraismo di Gesù.
Gesù è un ebreo e tale è rimasto fino alla fine, tanto che le sue ultime parole “Elì, Elì, lamà sabctàni” (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?) sono l’inizio di un salmo di Isaia. Negli ultimi istanti di quella atroce agonia, lui pesca dalla saggezza del suo popolo l’ultimo grido quasi di ribellione. Non solo Gesù era ebreo, ma lo è anche Paolo che è il continuatore, e secondo alcuni il vero fondatore, del cristianesimo. Tutti gli apostoli erano ebrei, la prima predicazione avviene nelle sinagoghe. Devono passare alcuni secoli prima che questa setta giudaico-cristiana diventi una religione a se stante.

Nel suo libro si chiarisce più volte che il lavoro di ricerca storica non sposta la fede del credente, la storicizzazione della figura di Gesù non influenza il cristiano che si affida alla tradizione tramandata dalla Chiesa. Nonostante questo, non sono state risparmiate critiche al vostro lavoro.
Il libro è stato molto criticato, ma è stato letto da molte persone in Italia e all’estero. Perché questo?
Perché ai miei occhi di non cattolico, la figura di Gesù uomo visto nella sua debolezza, nella sua sconfitta, nella sua morte atroce, rende la sua figura ancora più affascinante e degna di amore. A questo fascino lego anche il mito della sua resurrezione. Quando l’angelo, o chi fosse, annuncia alle due donne “andate al sepolcro, Egli è qui con noi”, quella creatura lancia un messaggio molto più intenso e forte della pretesa resurrezione fisica. “Egli è qui con noi” è un messaggio molto più forte.

E’ come se avesse voluto dire “ogni volta che avrete bisogno di aiuto, di soccorso, di consiglio, rivolgetevi a Lui, perché Egli sarà lì con voi”. Questo è un messaggio di una forza trascinante, di fronte al quale l’altro, quello del Gesù risorto fisicamente diventa una cosa un po’ infantile.

Da ”Inchiesta su Gesù” a “I segreti del Vaticano”. C’è un suo interesse costante per la Chiesa, sia sotto l’aspetto delle istituzioni che per quello più propriamente religioso. Come lo spiega?
Io avrei dovuto essere ebreo. Ma siamo stati una famiglia un po’ dispersa, molto laica, mezzi ebrei, mezzi no. Non sono stato allevato in nessuna religione. Durante l’occupazione nazista, sono stato qualche tempo in un collegio cattolico, più nascosto che altro. Invecchiando ho sentito il bisogno di saperne di più e mi sono rivolto a quelli che ne sapevano, come Pesce e Cacitti, due cattedratici di Storia del Cristianesimo, o Mancuso, un teologo, con i quali ho colloquiato per tre libri. Sapendone un po’ di più, mi è venuta una curiosità, per questo ho scritto “I segreti del Vaticano”, che sono non i segreti della Chiesa, ma i segreti di uno Stato. Il Vaticano è uno stato sovrano, non ci si pensa quasi mai. Ha gli ambasciatori, ha un territorio minimo, una bandiera, l’inno, un esercito simbolico.

Però è l’unico stato al mondo che si dica ispirato dalla divinità. Il suo sovrano si chiama Sommo Pontefice o Papa, è al tempo stesso il capo di una religione e il sovrano di uno stato.
Una figura bicefala unica al mondo. Mi sono chiesto: ”Uno stato il cui capo si dice inviato da Dio è diverso, si comporta in maniera diversa dagli altri stati ?”. Allora racconto una serie di episodi, fatti accertati storicamente, da Nerone ai nostri giorni, allo Ior, all’Opus Dei, per rispondere a questa domanda. La risposta è no. Lo Stato della Città del Vaticano si comporta come qualunque altro stato. E negli stati c’è l’omicidio, il denaro usato fraudolentemente, il tradimento. Ci sono tutte quelle cose che sappiamo, solo che questo è uno stato che detta anche la morale. Insomma, è un po’ un pasticcio. Con il libro ho cercato di rispondere a questa domanda.