I film del week end


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AMERICAN LIFE

di Sandro Calice

AMERICAN LIFE

di Sam Mendes. Gran Bretagna, Usa 2009 (BIM)
John Krasinski, Maya Rudolph, Maggie Gyllenhaal, Jeff Daniels, Carmen Ejogo, Jim Gaffigan, Josh Hamilton, Cheryl Hines, Melanie Lynskey, Allison Janney, Chris Messina, Catherine O'Hara, Paul Schneider
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L’unica cosa veramente brutta di questo film è il titolo italiano. L’originale “Away we go” era perfetto. Per il resto “American life”, per Mendes il primo film tratto da una sceneggiatura originale dai tempi di American beauty”, è una splendida commedia che parla allo stomaco e alla testa, che vi farà scivolare dalla risata alla lacrima come solo i film intelligenti sanno fare. Che vi consigliamo di non perdere.

Burt (Krasinski) e Verona (Rudolph) sono una coppia da sempre. Entrambi sulla trentina, lei fa l’illustratrice medica, lui vende assicurazioni, lei concreta, lui ottimista. Poi Verona resta incinta, ma tutto sommato sono pronti. Del resto, vivono lì in Colorado perché ci sono i genitori di Burt, visto che quelli di Verona sono morti in un incidente. I nonni li aiuteranno di certo. Solo che i nonni decidono che proprio quello è il momento per trasferirsi in Europa. A Burt cede la terra sotto i piedi. Verona allora decide che non ha più senso restare: devono partire e cercare il posto più adatto dove crescere il bambino. Potrebbe essere dovunque. Allora meglio cominciare dai posti dove conoscono qualcuno, un amico, un collega, un parente. Meglio se con figli, così potranno anche dare qualche consiglio. Il punto è che Verona e Burt ricordavano (o immaginavano) persone e un mondo completamente diversi.

I tre elementi basilari di un film qui funzionano esattamente come devono: la sceneggiatura della coppia di scrittori Dave Eggers e Vendela Vida (lui è l’autore della sceneggiatura dello splendido “Nel paese delle creature selvagge” di Spike Jonze), gli attori protagonisti, ma anche tutti i comprimari, e la regia, elegante e caustica, ricca di umorismo e umanità, mai invadente. E’ un film che parla della famiglia, certo, tema caro a Mendes, ma come pretesto per parlare delle paure e delle speranze che illuminano ogni cambiamento della nostra vita, soprattutto un figlio, il più radicale di tutti. Di come tutti, nel cambiamento, alla fine cerchiamo il nostro nido, le nostre radici, il nostro posto nel mondo. E lo fa raccontandoci l’amore vero di due persone normali, che non hanno tutte le risposte, anzi ne hanno pochissime, che sembra stiano sempre lì lì per lasciarsi, per arrendersi alla difficoltà di stare insieme, ma che poi restano, amando a vicenda i propri difetti. La loro ricerca on the road attraversa diversi stati e luoghi, ben sottolineati dalla fotografia (Ellen Kuras) e dalle scenografie (Jess Gonchor) che – dicono gli stessi autori - disegnano una storia fatta da tante cartoline in sequenza. Nel viaggio Burt e Verona incontrano diverse modalità di vivere i rapporti affettivi, alcune volutamente caricaturali, con una presa in giro degli stereotipi, modi diversi di essere genitori: la bravura è nel riderne o piangerne senza esprimere giudizi: forse non c’è il modo giusto o sbagliato, c’è solo quello che vorremmo o non vorremmo essere. Il fatto è che la felicità non esiste, esistono solo sue ragionevoli, gradevoli, soddisfacenti approssimazioni.