I film del week end


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UN ALTRO MONDO

di Sandro Calice

UN ALTRO MONDO

di Silvio Muccino, Italia 2010 (Universal Pictures)
Silvio Muccino, Michael Rainey, Isabella Ragonese, Maya Sansa, Flavio Parenti, Greta Scacchi
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Anche la strada del Cinema, come quella di un celebre posto molto caldo, è lastricata di buone intenzioni. Silvio Muccino torna a due anni dalla sua prima prova, “Parlami d’amore”, con questo lavoro in cui continua la collaborazione con la scrittrice e sceneggiatrice Carla Vangelista, dal cui romanzo omonimo è tratto “Un altro mondo”.

Andrea (Muccino) ha 28 anni, un padre che se n’è andato quando lui era piccolo, una madre ricca che ha sempre riempito di soldi i suoi vuoti d’affetto, una ragazza, Livia (Ragonese), con disturbi alimentari e un migliore amico non proprio campione di intelligenza con cui condivide una vita fatta di feste, notti brave e nessun pensiero importante. Ma il giorno del suo compleanno, una lettera dal Kenya rompe l’incantesimo: il padre gli chiede di raggiungerlo, perché sta morendo e vuole rivederlo per l’ultima volta. Andrea ci pensa, non troppo, e decide di partire più per rancore che per amore. Il viaggio, ovviamente, lo cambierà. A partire dall’Africa che trova e che non immaginava così, alla scoperta di quello che il padre faceva a Nairobi, per finire con la cosa più importante: l’eredità che trova ad attenderlo: un bambino di 8 anni, suo fratello, che ora al mondo ha solo lui.

Dicevamo delle buone intenzioni. Le riprese, la fotografia, la colonna sonora, in alcuni punti anche la recitazione hanno un loro senso e una loro eleganza formale. Il problema, però, è che lasciano un senso di insoddisfazione, come quegli ambienti asettici che non puoi dire siano brutti ma che certo non emozionano. E’ la sceneggiatura, soprattutto nei dialoghi, che non regge. Vorrebbe, a detta degli autori, raccontare i personaggi attraverso le loro contraddizioni, con il bimbo di 8 anni deus ex machina che scardina tutto, ma ci consegna figure monotone e monocordi, quasi ottuse (come la madre di Andrea) nell’attaccamento al loro modo di essere. Intendiamoci, ai cuori teneri più di qualche lacrimuccia scende: il film è costruito bene in questo senso. Ma passato il momento si resta disorientati. Ancora di più se si pensa a quale realtà il film racconta e a cosa infine vorrebbe suggerirci: i soldi non danno la felicità? E’ così vuota e non desiderabile la vita di chi si diverte giorno e notte? E’ davvero credibile che un figlio (o un fratellino minore) da accudire risulti una fatica insopportabile per chi è pieno di soldi e di tempo libero? E’ ancora una volta la famiglia la soluzione a tutte le tristezze, i vuoti, le mancanze, le sfortune della vita? Accantonando per un attimo il politicamente corretto, a noi qualche dubbio è venuto.