Tron Legacy

di Sandro Calice

TRON LEGACY

di Joseph Kosinski, Usa 2010 (Walt Disney)
Jeff Bridges, Olivia Wilde, Beau Garrett, Garrett Hedlund, Bruce Boxleitner, James Frain, Michael Sheen, Serinda Swan, Yaya DaCosta, Amy Esterle, Brandon Jay McLaren, Elizabeth Mathis, Michael Teigen, Owen Best, Steven Lisberger, Thomas Bangalter, Guy-Manuel De Homem-Christo.

Prima di Matrix, e per certi versi pure prima di Avatar, c’è stato Tron. Il simulacro digitale di un essere umano perduto in un mondo virtuale e che lotta per la libertà e la giustizia. “Tron” è un film della Disney del 1982 diretto da Steven Lisberger, oggi produttore, su un giovane genio dei videogames che si trova catapultato all’interno del suo gioco a combattere per la sua vita: non un capolavoro, ma sicuramente un film cult che è stato pioniere nel parlare di realtà virtuale e nell’uso massiccio della computer-grafica. “Tron Legacy” ci racconta (e soprattutto ci fa vedere) come va a finire quella storia.

Kevin Flynn (Bridges) rientra nel mondo reale nel 1982 ed insieme al socio e amico Alan Bradley prende il controllo della Encom, con l’intento di continuare a produrre giochi. Si sposa e ha un figlio, ma quello che Kevin non dice è che di nascosto continua a teletrasportarsi all’interno del Grid, il mondo virtuale creato dal suo gioco Tron. Poi all’improvviso, a 7 anni dal suo ritorno, svanisce senza lasciare traccia. Vent’anni dopo Sam Flynn (Hedlund), genio informatico e spericolato motociclista, si ritrova pieno di rancore per il padre che l’ha abbandonato e con una società di cui non vuole saperne nulla. Ma un giorno Alan, che in questi anni gli ha fatto da padre, si presenta da lui col suo vecchio cercapersone, dicendogli di aver ricevuto una chiamata. Da Kevin.

“Tron Legacy” è innanzitutto un’esperienza visiva, un film che sposta ancora un po’ più in alto l’asticella degli effetti speciali e della computer grafica, col 3D usato per separare anche concettualemente mondo reale e relatà virtuale, con Bridges che recita con una maschera con 52 sensori per ricreare la versione di sé più giovane (Clu), primo esempio di personaggio con l’integrazione di testa e corpo completamente digitali. Rispettando anche l’impostazione del film originale, è un film che deve molto all’arte contemporanea, al design, ai videogiochi. E infatti l’esordiente regista ha una laurea in architettura e un passato di autore di spot di videogames (Halo, Gears of war). E’ la luce l’elemento determinante, quella che disegna corpi, ambienti e finanche emozioni, aiutata dall’azzeccata colonna sonora dei Daft Punk. Una essenzialità zen nella quale sono calati oggetti potenti, evocativi, decisamente belli. Poi c’è la storia. Quella di un universo alternativo nel quale la ricerca della perfezione si trasforma in una dittatura, che ha sterminato un’intera razza di ribelli (solo uno ne è rimasto, la bellissima e letale Quorra) e che ora non mette più limiti all’espansione del suo mondo digitale. Al centro di questo mondo c’è Flynn, il creatore, imprigionato dalla sua stessa creatura, in attesa di una liberazione che passerà attraverso il suo rapporto col figlio. Al di là di tutte le simbologie e degli infiniti rimandi che il film opera, attingendo all’immaginario fantascientifico più comune, le debolezze di “Tron Legacy” stanno probabilmente nella mano fredda del regista, preoccupato più delle luci che delle ombre, più della confezione che del contenuto, con scarsa profondità nel delineare le psicologie dei personaggi e la loro evoluzione. Un film bello, insomma, esteticamente esaltante e avvincente per gli appassionati e i nostalgici, interessante come un videogioco di ultima generazione per gli altri.

>>> GUARDA IL TRAILER