Hereafter

di Sandro Calice

HEREAFTER

di Clint Eastwood, Usa 2010 (Warner Bros.)
Matt Damon, Cécile de France, Bryce Dallas Howard, Jay Mohr, Mylène Jampanoï, Thierry Neuvic, Richard Kind, Jenifer Lewis, Steve Schirripa, Lyndsey Marshal, Marthe Keller, Niamh Cusack, Nikki Harrup, Fileena Bahris, Charlie Holliday, Kelli Shane, John Nielsen, Annette Georgiou, Jack Bence, Frankie McLaren.

Il bello di un film di Eastwood è che ormai ci si trova sempre davanti a un classico. La cosa straordinaria è che lo si può dire qualunque sia il genere che il regista decide di raccontare, anche quando un genere preciso non c’è.

George, Marie e Marcus fanno la conoscenza della morte, con vesti, in momenti e in luoghi diversi. Marie (de France) è una giornalista francese in vacanza con Didier, suo fidanzato nonché produttore del suo programma televisivo, nel Sudest asiatico. Una mattina decide di andare al mercato a comprare dei regali per i figli di Didier. Proprio la mattina in cui un mostruoso tsunami distrugge la cittadina. Marie viene travolta dalle acque, sopravvive, ma il luogo che ha visto e in cui è stata prima di riprendere conoscenza ha già cambiato la sua vita. George (Damon) sta a san Francisco ed è convinto di avere una maledizione, anche se gli altri, compreso suo fratello che vuole ricavarne soldi, lo chiamano dono: George vede e parla con le anime dei morti, e in mondo di ciarlatani è braccato dalle persone che vogliono parlare per un’ultima volta con i loro cari defunti. Marcus ha 12 anni e vive a Londra con il fratello gemello Jason e la madre tossicodipendente, della quale si prendono cura. In realtà è Jason, di 12 minuti più vecchio e saggio, che si prende cura di entrambi. Ma il destino decide che Jason deve morire. Marcus decide però che non è giusto, e parte alla ricerca del fratello. Tre storie, tre strade destinate a incrociarsi.

Non esiste un regista vivente capace di raccontare (e probabilmente di fare i conti) con altrettanta eleganza, intelligenza e compostezza le idee, le riflessioni, i dubbi sulla fine della vita. Pur non raggiungendo, secondo noi, le vette di “Gran Torino”, grande testamento laico, “Hereafter” (Aldilà) è un grande film sulla morte, che celebra la vita. Non si parla di Paradiso, di religioni, di premi e peccati. Si racconta la morte dalla parte dei vivi, quel distillato di dolore che resta da questa parte. Oltre, al-di-là, ci sono luce, ombre, pace, musica, o niente di tutto questo, com’è normale che sia nella personalissima interpretazione e nel privatissimo rapporto che ognuno di noi ha con la morte. L’ipotesi, il viaggio, la scoperta, sono dimensioni epiche, fantastiche, lontane, che stano “di là”. Qui ci sono solo i fantasmi (e la presenza di Dickens nel racconto è quasi come un sigillo) con cui noi vivi dobbiamo convivere. Qualche fragilità, se proprio vogliamo, il film la presenta nella sceneggiatura di Peter Morgan. Ma è subito cancellata dalla bravura di Eastwood, anche nell’inserire elementi di attualità (lo tsunami, il terrorismo, i telegiornali) in modo che non stridano con l’atmosfera del resto del film, rifinita e cesellata (Eastwood è anche un jazzista) da una musica all’altezza. Si esce dal cinema un po’ incerti su quanto si è appena visto, ma “stranamente” contenti e grati al grande, vecchio Clint.