di Nello Rega
Più che un anniversario è l’amara constatazione di quanto poco sia stato fatto a 365 giorni di distanza. Il 12 gennaio 2010 oltre 230 mila persone morirono per il sisma che devastò la già precaria isola di Haiti. Il paese era già colpito da problemi di povertà, governabilità e crisi economica, tanto da inserirlo tra gli Stati più poveri del pianeta.
Alle 16.53 ora locale (le 22.53 in italia) il terremoto di magnitudo 7 fece tremare violentemente la terra mettendo in ginocchio un Paese dove mancava anche il minimo necessario. Oltre mezzo milioni le persone ferite e un milioni gli sfollati. A un anno di distanza è quasi come quel tremendo pomeriggio, se non peggio. Alle macerie non ancora tolte, alle migliaia di persone ancora senza un tetto, alla povertà dilagante, si è aggiunto il colera, che secondo l’Oms ha già ucciso oltre 3.600 haitiani. Nonostante il fiume di denaro arrivato da tutto il mondo per la ricostruzione, poco è stato effettivamente fatto. Dei 13 miliardi di dollari raccolti ne sono stati spesi appena il 10%. Nel paese già “terremotato” prima del 2010, dei 19 milioni di metri cubi di macerie di Port-au-Prince, la capitale, solo il 5% è stato fino ad oggi rimosso: il minimo indispensabile per circolare. Il resto è ancora tutto lì, tra gente che non ha ancora un tetto, anziani e bambini che chiedono l’elemosina e cittadini che non sanno se riusciranno mai a tornare ad una normalità, che forse non hanno mai conosciuto. Quasi come se tutto fosse stato risolto, o almeno gran parte, già ieri si è una svolta una prima cerimonia in memoria delle vittime nei pressi della capitale, alla presenza dei vertici politici e del presidente uscente Prèval. Le cerimonie culmineranno oggi alle 16.53 (le 22.53 in Italia). Un minuto di silenzio invaderà il Paese mentre nel cielo voleranno migliaia di palloncini bianchi. Nel luogo dove una volta sorgeva la cattedrale della capitale, e ora ci sono solo macerie, si svolgerà una messa all’aperto. In questo scenario di attesa, rassegnazione e dolore, infuria il colera.
Ad Haiti, infatti, “continua a piovere sul bagnato”. L’Oms ha affermato che il virus non ha ancora, sfortunatamente, raggiunto il suo picco. Da ottobre i casi sono stati oltre 170 mila, 3.700 i morti. In un freddo conteggio statistico l’epidemia è calata, arrivando al 2,2%. Secondo gli esperti, però, sarà considerata sotto controllo solo quando sarà raggiunta la soglia al di sotto dell’1%.
Intanto si moltiplicano gli appelli a fare di più per la ricostruzione. L’ex presidente Usa, Bill Clinton, inviato Onu e co-presidente della Commissione per i lavori ad Haiti, si è detto “irritato perché non stato fatto di più”. Ha assicurato, comunque, una spinta maggiore per cercare di tornare alla normalità. Anche il presidente americano Obama ha condannato la lentezza, lanciando un appello per gli sfollati. L’Onu ha invitato a raddoppiare gli sforzi. La Banca mondiale qualche giorno fa ha approvato lo stanziamento di nuovi fondi. 15 milioni di dollari andranno al contrasto dell’epidemia di colera. Nel Paese, che per molti è diventata la capitale delle Ong, le organizzazioni internazionali lavorano senza sosta. La Caritas italiana ha avviato 51 progetti per quasi 10 milioni di euro. Senza sosta anche l’attività di Save the Children, che ha aiuto ad oggi 870 mila adulti e bambini. Restano però migliaia di persone sotto le tende, esposti alla miseria più totale, alle violenze, agli abusi e alle malattie. Per Medici senza Frontiere l’accesso alle cure sanitarie di base è complessivamente migliorato, ma la rapida diffusione del colera evidenzia i limiti del sistema di aiuti internazionali.Per completare un quadro già di per sé critico, si registra anche una crisi politica. Dopo quasi un anno speso a organizzare le elezioni sono scomparse sotto le macerie dei ministeri le liste elettorali. Il primo turno si è svolto il 28 novembre scorso in una spirale di accuse di brogli e violenze. Il cantante Martelly avrebbe conquistato più voti del rivale Celestin. L’organizzazione degli Stati americani, che sta ricontando le schede, avrebbe escluso dal ballottaggio il candidato del presidente uscente Prèval, che ha già criticato duramente questa decisione.
Domani, dopo le cerimonie di ricordo del sisma di un anno fa, Haiti tornerà a fare i conti con il non fatto e quello ancora da fare. Alla popolazione resterà la speranza di vedere, forse per la prima volta, una normalità. Ma arriverà così presto? Risponderanno i fatti.