La crisi ha aperto un'insolita vetrina per le deboli forze di opposizione che, galvanizzate dalle manifestazioni, denunciano la natura politica della protesta contro un“regime ormai sconfitto".
Il partito del presidente detiene tuttavia 161 dei 214 seggi in Parlamento; i restanti 53 sono suddivisi tra 6 degli alri 8 partiti autorizzati. La Costituzione vieta i movimenti etnici, linguistici e confessionali.
In Tunisia comunque il capo dello Stato ha poteri così ampi da relativizzare l'azione del Parlamento. Scarsa la rappresentanza delle opposizioni anche in seno alle amministrazioni locali.
Il partito Rcd del presidente Ben Ali conta due milioni di iscritti (su dieci milioni di abitanti) e, oltre al Parlamento, controlla i sindacati e quasi tutte le organizzazioni di categoria.
L’opposizione è stata relativa, poiché alle presidenziali di due anni fa, 5 dei movimenti non governativi si sono schierati apertamente con Ben Ali, candidando figure di contorno e guadagnandosi l'appellativo “partiti-satellite”.
Uniche a smarcarsi, tre formazioni di sinistra. Tra cui il Pdp,che ha boicottato il voto del 2009 e si è avvicinato al partito islamico Ennahdha, vietato.
I sanguinosi scontri di questi giorni non hanno precedenti nella storia della Tunisia indipendente.
Fin dal 1956, anno della fine del protettorato francese, i due uomini forti che si sono succeduti alla guida del Paese hanno garantito una sorta di pax sociale, governando con mano sicura ma ignorando alcuni fondamentali precetti democratici.
Habib Burghiba, padre della Tunisia libera, stabilì un regime di partito unico ma si garantì alleanze di peso, aderendo al blocco dei non allineati ma conducendo politiche filo-occidentali, reprimendo il radicalismo islamico e garantendo alle donne diritti impensabili negli altri Paesi arabi.
Il dominio di Burghiba dura 31 anni finché, malato, nel 1987 viene destituito da Zine el Abidine Ben Ali, che conferma lo Stato laico e apre a un modello economico liberista.
Il capo dello Stato è giunto al suo quinto mandato. Nelle prime due elezioni, fu candidato unico. Nel 1999 l’apertura al pluralismo, ma il controllo sui mezzi di informazione e un’opposizione disunita vanificano ogni tentativo di cambiamento.
Il referendum costituzionale del 2002 consente a Ben Ali di farsi rieleggere vita natural durante: nel 2004, ottiene il 94% dei voti, nel 2009, l’89,6%.