di Sandro CaliceQUALUNQUEMENTE
di Giulio Manfredonia, Italia 2011 (01 Distribution)
Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Luigi Maria Burruano, Alfonso Postiglione, Veronica Da Silva, Salvatore Cantalupo, Antonio Gerardi, Asia Ndiaye, Maurizio Comito, Massimo Cagnina.
Il problema è che Cetto La Qualunque siamo anche un po’ noi. Per questo si ride amaramente. Ma si ride, il personaggio è una maschera straordinaria e Albanese è veramente bravo.
Cetto La Qualunque (Albanese) è un imprenditore calabrese corrotto e ignorante che odia la democrazia e ama le donne, nello specifico “lu pilu”. Dopo quattro anni di latitanza all’estero, decide di tornare a Marina di Sopra, il suo paese in Calabria. Porta con sé un’avvenente donna di colore, che lui chiama “Cosa”, e una bella bambina di cui non ricorda mai il nome. Ad attenderlo il fido braccio destro Pino, la moglie Carmen e il figlio Melo. C’è un problema, da quando se n’è andato: la legalità minaccia il paese e le sue proprietà e ha trovato in De Santis (uno che “si è schierato completamente dalla parte della legge”. “Completamente? Ma è legale?”) il suo candidato naturale a sindaco. Serve una candidatura di segno opposto. Cetto ci “riflette” per bene tre volte a casa di una prostituta, e decide di “salire in politica”.
“Se la realtà supera la fantasia, non è colpa mia!”, ha subito detto in conferenza stampa Antonio Albanese, aggiungendo che a questo film ci pensava da un po’ e che spesso si è sentito dire: “Eh se uscisse adesso! Con quello che sta succedendo”. Il punto, dice l’attore, è che “adesso” è da un po’ di anni ormai. Saltiamo a pie’ pari, dunque, il paragone con Berlusconi, che sarebbe sbagliato (e forse pure offensivo), visto che il personaggio è nato nel 2003 nel programma televisivo “Non c’è problema” e che per la sua creazione Albanese ha più volte detto di non essersi ispirato al presidente del Consiglio. Cetto, piuttosto, come dicevamo, è un po’ ognuno di noi, nel senso che è il ritratto dell’immoralità a cui siamo assuefatti: e ridiamo, mentre dovrebbe farci schifo. Ridiamo perché non ne possiamo fare a meno trascinati dalla forza surreale di Albanese, ma l’attimo dopo ci ritraiamo, quasi infastiditi, nel migliore dei casi con senso di colpa. Il film è divertente, gli attori sono bravi, splendidi i costumi e le ambientazioni che, per dirla con il regista, parlano quasi il linguaggio dei fumetti. La perplessità è quella che prende ogni volta che un personaggio nato per la televisione e poi per il teatro, viene “dilatato” per il grande schermo. Ma è comicità buona, tra le migliori in circolazione in Italia.