Giorno della Memoria


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Vero e falso storico ai tempi di Internet

Un convegno sui nuovi pregiudizi antiebraici n

''E’ entrato nella rete una sorta di virus che si chiama pregiudizio, mistificazione e falso storico e ai tempi di internet questi pregiudizi hanno una più facile veicolazione. C'e' un'amplificazione notevole attraverso forme nuove dei vecchi pregiudizi''. Sono le parole con cui il sottosegretario Gianni Letta ha aperto la tavola rotonda nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, su “Informazione, mistificazione, falsi storici: il pregiudizio antiebraico nell'epoca internet”, in occasione del Giorno della Memoria del 27 gennaio.

I dati diffusi dal Centro di documentazione ebraico di Milano - su ricerche della Polizia Postale - indicano nel 2008 più di 800 siti antisemiti, diventati 1200 nel 2009, un aumento di 400 nuovi siti solo un anno dopo. Il giorno della Memoria non deve essere però solo un modo abitudinario, stanco e rituale di ricordare la Shoah, e Anna Foa ci mette in guardia dal pericolo dell’ipertrofia della memoria che rischia di far perdere l’indispensabile nesso fra funzione conoscitiva (sapere perché non accada più) e funzione etica (cittadini consapevoli dei valori universali e, dunque, migliori).

Questa Giornata, conclude Letta, deve indurre a una riflessione vera e portare un contributo reale alla manifestazione, che fa parte della nostra coscienza oltre che della nostra storia. Citando Ferruccio De Bortoli :“La memoria è giustizia ed esercizio di etica civile”. Tocca a Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ricordare i negazionisti o i mistificatori che abbondano in Rete. E’ recente la Black List comparsa sulle pagine italiane del forum neonazista americano Stormfront, (fondato nel 1995 da Don Black, ex leader del Ku Klux Klan), un elenco di “influenti” italiani di origine ebraica, una lista dell’odio in cui si spiega che “il dovere di ogni negazionista è scovare l’ebreo camuffato”.

Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a un cambiamento epocale, l’avvento di internet ha mutato il modo di comunicare, e la diffusione del pregiudizio antiebraico ‘galoppa’ in rete. La legge Mancino (introdotta nel 1993 è una legge che condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista , e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici) è difficilmente applicabile quando episodi di propaganda antisemita vengono ospitati su server di siti stranieri.

Ricorda Gattegna, “non si tratta di porre limiti alla libertà di espressione, ma di censurare chi fa propaganda delle ideologie razziste e naziste”. Anna Foa da storica cerca di andare al cuore del problema, analizzando le radici dell’ideologia che è alla base di questi siti, per poterli combattere, e individua due elementi: l’indistinzione tra il vero e il falso, potenziata dal mezzo, e l’idea del complotto, che abbonda come leitmotiv nei questi blog negazionisti e che trova una forte corrispondenza nei giovani. Il tutto potenziato da un mezzo, internet, che ha una velocità di consumo immediato. Bisogna smontare le radici di questo fenomeno, ci suggerisce Anna Foa, e questo va fatto nelle scuole, insegnando agli studenti a riconoscere i veri pericoli, per una concezione della conoscenza e del mondo che sono messi perennemente sotto attacco.

“E’ in crisi - conclude - la nostra capacità di conoscere e trasmettere cultura”. La sfida la raccoglie David Meghnagi che richiama universitari e intellettuali alla necessità dell’approfondimento. In veste di psicologo ci parla delle diverse forme di “diniego”, da quello “letterale” ( negazione come prima fase della conoscenza, che è quello preceduto dal “no” e che è ben diverso dal diniego psicotico), a quello “interpretativo (quello che avviene dopo il fatto), del diniego “implicito” (che implica lo svuotamento delle implicazioni psicologiche. Le vittime dei campi di concentramento all’inizio erano degli invisibili, non ce la facevamo a dar loro uno spazio), e di quello “personale” ( rifiuto di una persona a guardare la realtà), del diniego “culturale” (un codice condiviso di non dire e non vedere, che è il tessuto connettivo dell’antisemitismo), di quello “storico” ( rapporto tra memoria e oblio della rimozione), per approdare a quello più pericoloso che è il “diniego ufficiale”, che viene messo in atto e sostenuto dallo Stato. “Tutto questo si può combattere – conclude Meghnagi - solo attraverso la restituzione di un valore alla conoscenza e quindi alla profondità”.

Che flussi di informazione distorta corrano con una velocità impressionante e si moltiplichino in rete, è un dato di fatto, ma c’è qualcosa di più della velocità. C’è una vera e propria “rete dell’odio”, un “delirio cospirativo” che connette le antiche idee antisemite alle nuove paure no global. Di questo ci parla Milena Santerini, dell’ Università Cattolica di Milano, che evidenzia come in questi siti antisemiti c’è un’immagine prevalente: un’elite sovranazionale, un potere invisibile, un burattinaio nascosto che manovra il mondo. Ma perché questo delirio tocca soprattutto i giovani? Perché sono senza strumenti culturali.

“Abbiamo formato ragazzi che si sentono impotenti, incapaci di prendere in mano il loro destino e il mondo” ci dice Santerini, che ci fa anche riflettere sul fatto che, pur avendo l’antisemitismo un bersaglio specifico, proviene da una mentalità che affronta tutti gli altri tipi di pregiudizio. Il neorazzismo attuale non è più di tipo biologico, ma assume forme astratte. Il razzismo culturale e l’antisemitismo simbolico, è quello contro gli immigrati, contro i ‘diversi’, è l’immaginario simbolico che riemerge nei momenti di tensione. Tutte le forme di pregiudizio vanno combattute insieme, suggerisce Santerini, ma la conoscenza non basta. Va fatto un lavoro approfondito sulla formazione degli insegnanti, che vada a toccare anche l’aspetto emotivo e che vada a stanare tutti i tipi di razzismo che invadono la nostra società. La Shoah è ancora un’enorme forza di richiamo morale, ma la conoscenza non basta. Se il mio cuore batte anche per i palestinesi, devo riuscire a mettere insieme i pezzi.

Quando tocca al giornalista Roberto Olla parlare de “La Shoah e il falso nel cinema, nella tv e in Internet”, la sala si è un po’ svuotata. Peccato perché il tema è quanto mai attuale: immagini costruite apposta per falsificare. “Il negazionismo nasce già con la Shoah - spiega Olla - l’operazione mediatica messa in atto dai nazisti fin da subito per coprire e nascondere lo sterminio, ne è la prova”. E scorrono sullo schermo le immagini del lager di Terezin, girate e montate ad arte dai carnefici per propaganda, dove persone belle in carne lavorano serenamente. Da qui il grido di allarme: non lasciamo i nostri ragazzi in Internet per 5 o 6 ore al giorno, senza insegnar loro la capacità di decodificare qualsiasi audiovisivo venga loro proposto e istruiamoli a gestire il mezzo. I giovani su Internet operano in una sorta di eterno presente, e un videogioco rischia di aver più presa delle immagini di Auschwitz. E nel Giorno della Memoria Roberto Olla lancia il sasso: “Non è sufficiente emozionare i ragazzi, dal ricordare bisogna portarli a riflettere”.

(C. T.)