Per Guccini furono importanti ‘come i Beatles’


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Il Sacher Quartet ci restituisce i 'Cetra'

Prossimi appuntamenti in Umbria e Lombardia sacher_quartet_296

di Maurizio Righetti

E' difficile per un artista essere considerato l'erede di un altro. Sempre che la cosa gli faccia piacere. Quasi impossibile, invece, è venire stimati come i continuatori dell'opera di un gruppo. Specie quando quel gruppo, nel suo campo, ha segnato la storia. Ma può succedere. Restano le differenze di stile e le peculiarità, cambia il contesto, crescono le possibilità di contaminazioni.

Quando si ripercorre una strada già battuta, il merito sta, e in pochi lo hanno, nel mantenere vive, e magari valorizzarle, una storia, una cultura, una qualità. E nel contribuire a rendere tradizioni incancellabili quelli che furono, un tempo, elementi di novità, talvolta dirompenti e rivoluzionari. “Vi ringrazio perché col vostro lavoro state facendo conoscere ai più giovani le nostre idee, le nostre 'invenzioni', il nostro repertorio, quello che siamo stati per oltre mezzo secolo. E fate sentire me, e i miei compagni di vita e di avventura, che oggi non ci sono più, parte della storia, non solo musicale e di spettacolo, del nostro paese”. Questo dice Lucia Mannucci, l'inconfondibile voce femminile del Quartetto Cetra, 91 anni il prossimo maggio, ancora in buona forma, a quei quattro 'giovanotti' che la vengono spesso a trovare a Milano. Tre uomini e una donna, proprio come lei insieme a Virgilio Savona (di cui fu anche amatissima moglie), Tata Giacobetti e Felice Chiusano.

Loro sono quelli del Sacher Quartet, hanno scelto il nome di un dolce invece che quello di uno strumento. Non per banalizzare, casomai per rendere ancora più immediato, e con una punta di gastronomica internazionalità, il contatto con il pubblico. “E poi mica è colpa nostra - dice Laura Marchesi, la 'singer' del gruppo, doti artistiche notevoli e una innata attitudine culinaria - se la sera che decidemmo di dare vita al nostro gruppo la torta Sacher mi venne così bene!”. Succedeva più di venti anni fa.

IL QUARTETTO CETRA
Basterebbe una citazione di Francesco Guccini ad inquadrarne la grandezza: “Sono come i Beatles”. In effetti, la vita artistica del Quartetto Cetra, cominciata negli anni Quaranta, è stata lunghissima (più di quella di qualunque altro gruppo italiano) e costellata di memorabili successi musicali, teatrali, televisivi. E anche di una incomparabile umanità. Avevano grande cultura musicale, dimestichezza con gli strumenti che pure usavano di rado (fatta eccezione per Virgilio Savona, pianista di ragguardevole livello).

Eccelsero, e fu il loro più riconoscibile – ma non unico – specifico, per le doti vocali, messe in evidenza da sapienti armonizzazioni delle canzoni e da testi spesso umoristici, ma sempre di buon gusto, mai nemmeno minimamente volgari. Anticiparono mode e generi musicali, primi a portare in Italia il rock 'n' roll con una versione italiana di Rock Around the Clock, nel 1956 (testo scritto da Tata Giacobetti, titolo L'orologio matto).

Il quartetto cominciò la carriera con elaborazioni vocali jazz e swing, per poi trovare la propria formula, che combinava canzone e spettacolo: brani orecchiabili dai testi allegri, ma con arrangiamenti raffinati, interpretati in scenette divertenti.

Una formula che conquistò il pubblico, rendendo il gruppo molto popolare prima alla radio, poi in teatro e in televisione. Sapevano combinare, come pochi altri, l'elevata professionalità con l'intrattenimento popolare. Intere frasi delle loro canzoni entrarono nell'immaginario collettivo, divenendo veri e propri modi di dire. Il Quartetto Cetra doppiò (nel1948) i cori del film “Dumbo” (loro la canzone con cui i corvi sbeffeggiano l'elefantino sulle sue possibilità di volo) e per questo lavoro ricevette una lettera autografa di congratulazioni da parte di Walt Disney.

Altri film doppiati furono “Musica, maestro”, “Lo scrigno delle sette perle”, “Il mago di Oz”. Tra i loro innumerevoli successi musicali, spiccano “Nella vecchia fattoria”, “Aveva un bavero”, “Vecchia America”, ”In un palco della Scala”, “Un bacio a mezzanotte”, “Un disco dei Platters”, “Però mi vuole bene”, “Sole, pizza e amore”, “Juanita Banana”, “Non cantare, spara”.

IL SACHER QUARTET
Laura Marchesi, Alberto Favale, Giuliano Ferrari, Alfredo Turicci. Amici di Voghera, passione comune per la musica e il canto. Costituiscono il gruppo nel 1980, eseguono musica di vario genere. Senza preclusioni, l’importante è che sia “roba buona”. E in location più o meno adatte, con la predilezione per il teatro, quando è possibile, perché “quello è il posto dove si crea un’atmosfera tutta particolare che solo il luogo per eccellenza dedicato allo spettacolo sa creare”. Si accorgono presto di avere una vocalità che li accomuna ai grandi predecessori. L’”esperimento Cetra” comincia quasi subito.

Il gruppo continua a riproporre tutte le più belle melodie e le canzoni che hanno fatto la storia della musica nazionale ed internazionale, ma ormai la prevalenza assoluta spetta al “quartetto delle meraviglie”. Il binomio “Sacher-Cetra” diventa indissolubile grazie alle numerose analogie che legano i due gruppi nella composizione, nel modo di presentarsi al grande pubblico, soprattutto nella proposta musicale che riprende quella degli anni ’50 ridisegnandola e adattandola in maniera peculiare alle diverse capacità vocali.

Oggi il Sacher Quartet porta sulle scene nazionali un esempio unico, nessuno propone una così intensa analogia con i mitici precursori. Simpatia, amicizia, originalità ieri come oggi; le quattro voci sono riuscite e riescono tuttora a coinvolgere il difficile pubblico televisivo anche con un brano fanciullesco come “La vecchia fattoria”.

Alla professionalità si unisce, anche oggi, una inconfondibile simpatia. I Sacher Quartet si distinguono, nel panorama musicale nazionale, per forza di volontà, affiatamento, capacità innata di personalizzare armonie estremamente complesse. Sono quattro strumenti-voce perfettamente amalgamati, che interpretano e riarrangiano melodie del pop italiano e internazionale, dello swing italiano e americano anni ’40 e ’50 , del West Coast.

Emergono dalle loro esecuzioni la qualità dei singoli e, soprattutto, la forte coesione. Il canto è accompagnato da una coreografia studiata e calibrata che arricchisce la sensazione dello spettacolo. Offrono al pubblico una perfetta fusione di voci e un’accurata tecnica musicale, che concentra tutte le forze sulla vocalità, caratteristiche in grado di stabilire fin dall’ingresso sul palco un legame pieno con gli spettatori, catturandone attenzione ed emozioni.

Di estrema disponibilità, i quattro non disegnano le iniziative di beneficienza. E quando vanno a Milano a far visita alla inossidabile Lucia ritrovano anche un altro dei fondatori dei Cetra, Enrico De Angelis, diventato, dopo le prime esperienze artistiche, un imprenditore farmaceutico. Novantuno anni pure lui, è in grado di farsi ancora ogni mattina 20 vasche olimpiche. Evidentemente la musica non ritempra solo lo spirito…

ARMONIA UMANA, PRIMA ANCORA CHE MUSICALE
Come convivono tanti generi musicali? “Stile e flessibilità, oltre alla qualità di ritmi e melodie, determinano la bontà di un prodotto”, dice Alberto. “In questo senso non esistono i generi. Anche se le differenze fra una musica ed un’altra sono evidenti e talora molto significative. Ma il pentagramma è uno e materiali anche apparentemente inconciliabili hanno sempre più elementi in comune di quanto possa apparire ad una prima analisi.”. Già, ma come ci si muove in una realtà così complessa? “Con l’impegno, lo studio, il lavoro”, spiega Giuliano. “Con la professionalità di chi compone, di chi arrangia, di chi suona, dei tecnici. E specialmente con la massima armonia artistica e umana di tutti gli elementi. Non è in fondo questo il senso della musica?”.

I PROSSIMI APPUNTAMENTI
La sera di sabato 29 gennaio li aspetta un teatro piccolo (il più piccolo del mondo, il “Concordia” di Monte Castello di Vibio in Umbria), dall’acustica perfetta e con il pubblico praticamente attaccato al palco. “Un onore – dice Alfredo – esibirsi in un gioiello storico e architettonico così. E poi siamo nel bel mezzo del cuore d’Italia…”. Dopo una serie di appuntamenti, taluni fissi, su grandi circuiti televisivi, un grande evento è previsto nella loro Voghera, al Teatro Arlecchino, il 13 maggio. Insieme al Sacher Quartet, Enrico Maria Papes, voce degli storici “Giganti”, riproporrà l’album più rivoluzionario e controverso del gruppo, l’unico per il quale acquisirono notorietà anche all’estero. "Terra in bocca (poesia di un delitto)", è un atto d’accusa contro la mafia, realizzato con coraggio, basato sui fatti veri di cronaca, pluricensurato all’epoca. Ebbe una sola uscita in televisione. Fu l’ultimo, meraviglioso atto per “I Giganti” nella formazione originaria, elaborato qualche anno dopo brani come “Tema” e “Proposta”, che anch’essi, pur se su un livello molto più contenuto e di più immediata presa popolare, accennavano temi sociali. E poi i Giganti furono i precursori del progressive rock in Italia, è meritorio che qualcuno aiuti a riscoprirli.

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