Atlante delle crisi


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L'annus horribilis dell'estate australe

Piogge e devastazioni nell’emisfero meridionale, dall’Oceania all’America Latina passando per l’Africa j

In principio fu l’Australia: la fine del 2010 e l’inizio del 2011 hanno visto un’area vasta quanto Italia e Francia messe insieme alle prese con le più terribili alluvioni dell’ultimo mezzo secolo. Le piogge torrenziali che si sono abbattute sul Queensland a cavallo tra dicembre e gennaio hanno provocato una ventina di morti,ma il bilancio sarebbe stato ben più grave se l’area colpita fosse stata più popolosa e la sua orografia più complessa. La conta finale parla di danni quantificabili in un punto e mezzo del Pil australiano: un handicap difficile da recuperare, specie in un periodo di crisi economica come quello che l’intero pianeta sta attraversando.

Mentre l’evacuazione di Brisbane catalizzava l’attenzione dei media mondiali, due oceani più a Ovest, intorno alle metropoli di Sao Paulo e Rio, si consumava una catastrofe epocale. Il bilancio ufficiale fornito dalle autorità brasiliane parla di oltre 800 morti, tra cui circa 300 bambini. Le piogge si sono concentrate soprattutto nelle cittadine "ricche", abitate per lo più dall'alta borghesia, situate sui colli a Nord di Rio; 400 i dispersi. Facile immaginare cosa sarebbe accaduto se frane e alluvioni avessero travolto le favelas metropolitane. Gli episodi di gennaio sono stati definiti la “peggior catastrofe naturale che il Brasile abbia mai conosciuto”. L’ampiezza del fenomeno e le difficoltà nel raggiungere alcune aree isolate rendono difficile una valutazione complessiva dei danni.

Prima di Rio, intorno a Capodanno,anche a Sao Paulo si erano registrate piogge torrenziali che, in poche ore, avevano causato una sessantina di morti. Il governo della presidente Rousseff, insediatosi nemmeno un mese fa, ha annunciato l’istituzione di un sistema di allarme rapido, capace di salvare molte vite. Ma si tratta di un palliativo per un problema di ben più ampia portata, che il governo di Brasilia non potrà certamente affrontare da solo. Le piogge dell’estate australe hanno flagellato anche il Sudafrica, mietendo una settantina di vittime. I casi di colera e leptospirosi registrati nelle città fanno temere che l’emergenza climatica degeneri in emergenza sanitaria.

A colpire è stata, ancora una volta, l'ampiezza del fenomeno: il governo ha dichiarato lo stato di calamità naturale in 8 delle 9 province di un Paese vasto quattro volte l'Italia. Il maltempo ha colpito anche Namibia, Mozambico, Zimbabwe, Zambia, Swaziland e Lesotho. A rischio gran parte delle colture e la sicurezza alimentare, già precaria in questa parte del pianeta.