Da due anni in giro per l’Italia con ‘L’ebreo’


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Ornella Muti sempre più innamorata. Del teatro

Prossima rappresentazione giovedì sera a Norcia muti_ebreo_296

di Maurizio Righetti

Gassman, Tognazzi, Depardieu, Delon, Placido, Gazzara, Moschin. Sono solo alcuni dei “fuoriclasse” con i quali ha condiviso gli oltre suoi 70 film. Per non dire delle colleghe donne che l’hanno affiancata: Stefania Sandrelli, Mariangela Melato, Fanny Ardant. E poi tante fiction e altri programmi televisivi, fotoromanzi, pubblicità. E da un paio di anni quella che molti considerano la vera prova d’attore: il teatro. Un’artista completa. Ha cominciato da giovanissima. Quaranta anni fa. E il tempo, per lei, sembra non essere mai passato. Non solo a guardarla. L’hanno definita - a ragione - “la nonna più bella d’Italia”. E in Francia, nonostante Carla Bruni e Monica Bellucci, è sempre l’italiana più amata. Ornella Muti (via, è questo il suo nome!, ma chi osa più chiamarla con quello anagrafico, Francesca Romana Rivelli?) non conserva solo il suo fisico e il viso di bambola che ne hanno fatto un’icona internazionale, ma la stessa qualità interpretativa, semmai maturata da esperienze professionali probanti, e l’identica passione per quello che fa.

“L’EBREO” E’ LA SUA OPERA PRIMA TEATRALE
La pièce che sta portando in giro per l’Italia da un paio di stagioni si chiama “L’ebreo”. Il prossimo appuntamento è per giovedì 10 febbraio, in Umbria, al Teatro Comunale di Norcia. Il testo (vincitore del premio Siae Agis Eti “per la simbiosi perfetta fra il tema, storicamente importante, e il linguaggio teatrale diretto ed efficace”, che sottolineano “la drammatica attualità dell’argomento”), è di Gianni Clementi. Protagonisti, insieme ad Ornella, Duccio Camerini e Mimmo Mancini. La regìa è di Enrico Maria Lamanna.

LA TRAMA
“L’ebreo” sfrutta il potenziale poetico e drammaturgico del dialetto romanesco per dare voce ad una delle pagine più cupe del nostro recente passato. Ma è anche un’opera che indaga le pieghe dell’anima e mette a fuoco il grado di aberrazione che un essere umano può raggiungere pur di non rinunciare ai privilegi acquisiti. Negli anni ’40, con l’entrata in vigore delle leggi sulla discriminazione razziale emanate dal regime fascista, molti ebrei, presagendo un destino incerto, avevano pensato di mettere al riparo i loro beni da presumibili espropri, intestando le proprietà a prestanome fidati di razza ariana. Marcello Consalvi, al tempo oscuro ragioniere, è uno dei fortunati beneficiari; il suo padrone, infatti, gli ha intestato tutte le proprietà. Insieme alla moglie Immacolata è entrato in possesso di un palazzo e di alcuni negozi, di cui si gode i frutti dalla tragica retata del 1943 nel ghetto di Roma. La ricca coppia, che vive ormai negli agi e in uno splendido appartamento, vede la propria esistenza borghese improvvisamente minacciata da un evento tanto temuto quanto atteso: qualcuno, tredici anni dopo, bussa alla loro porta, forse per reclamare beni e proprietà,e solo allora i due si ritrovano di fronte alla parte oscura del proprio animo. Decidono, così, di non aprire, barricarsi in casa e prendere tempo per trovare una soluzione che consenta loro di non perdere tutto e tornare all’ormai dimenticata vita grama. Immacolata – a suo tempo una povera sguattera senza più sogni che ogni giorno faticava duro per sopravvivere – crolla, i sensi di colpa esplodono, e subentra la paura, il terrore che fa emergere tutta la sua meschinità, ma, in fondo, anche la tenerezza dei diseredati. Da quel momento i colpi di scena si succedono fino ad un finale degno di un vero noir cinematografico.

ORNELLA: “IL TEATRO E’ L’ESPRESSIONE PIU’ NOBILE DELL’ARTE” Chiediamo a Ornella se condivide l'idea che non si possa essere grandi attori se non si è fatto teatro. “Il teatro - risponde - è una prova importante per un attore. E l'ho scoperto sulla mia pelle. Non amo però dare giudizi generalisti. Ognuno di noi ha la propria storia e le proprie esperienze. Negli anni ho ricevuto diverse proposte teatrali, ma questa è la prima che ho accettato, forse anche perché me la sono sentita nel cuore, ne ho condiviso i valori”.

Viaggiare attraverso l'Italia per le rappresentazioni aiuta a scoprire meglio le realtà del Paese?
Credo di essere stata molto fortunata. Girando questo Paese in lungo e in largo, ho potuto assaporare da vicino l'accoglienza e il calore tipico degli italiani. Ho avuto grandi soddisfazioni di pubblico e di questo sono molto grata a tutti.

I teatri sono solo luoghi di rappresentazioni, per quanto eletti, o anche beni storici e artistici da valorizzare?
Certamente l'arte ed i suoi luoghi hanno sempre bisogno di essere valorizzati. E credo che il teatro sia l’espressione più nobile dell’arte. Non solo per la professionalità richiesta, ma anche perché chi si esibisce è sottoposto a un lavoro e a uno stress molto diversi rispetto ad altre forme espressive. Il teatro è emozione pura, è amore e devozione.

Sebbene la storia che proponete non verta principalmente sul razzismo, il titolo e l'ambientazione della trama richiamano un tema ridiventato purtroppo attuale. Lei come giudica l'odierna fase, non solo nazionale, della convivenza tra culture?
E' un periodo molto delicato. Lo evidenziano bene le recenti e preoccupanti vicende intorno a noi, in Paesi che non sono poi così distanti. E tutto questo non è altro che il risultato di decenni di indifferenza, di superficialità e di carenza di valori. Ognuno, nel suo piccolo, dovrebbe essere responsabile del suo metro quadro di società. Se tutti contribuissimo a questo tipo di mentalità, molte cose non accadrebbero o non continuerebbero ad accadere.

Al cinema, le scene, anche quelle più intriganti, vengono girate (e rigirate) davanti a dei tecnici, a teatro si è di fronte ad un pubblico "vero". Quale è la differenza sul piano del coinvolgimento emotivo?
Intendiamoci, anche il set cinematografico e televisivo ha il suo grande fascino. Ho avuto la fortuna di lavorare con i grandi "mostri" del cinema internazionale e c'è sempre stata una grande emozione. Il teatro è bellissimo, ma è diverso. Hai la stessa adrenalina tutte le volte che ti presenti al pubblico, lo stesso timore di sbagliare e ti affidi solo alla concentrazione. Ma le tue emozioni arrivano al pubblico nel medesimo istante in cui le provi ed hai un riscontro immediato di come ti sei preparato e di quello che sei riuscito a trasmettere. E' un'emozione immensa.

Dopo essere stato rappresentato in tante città, grandi, medie e piccole, “L’ebreo” arriva a Norcia, una città in qualche modo simbolica: terra di san Benedetto, patrono d'Europa, uno che ha diffuso idee che connotano tuttora il Vecchio Continente, e non solo; luogo di tradizioni alimentari e gastronomiche di assoluta eccellenza (tartufi, prosciutti e salumeria, formaggi, lenticchie); sito di incantevole bellezza paesaggistica e architettonica. Quanto, secondo Ornella Muti, le piccole realtà territoriali come questa hanno da insegnare ai grandi agglomerati urbani? “Ho visitato tantissime città - afferma - in questi ultimi due anni. Devo dire che in alcuni piccoli centri, proprio come Norcia, si respira storia e tradizione. Luoghi che quindi non hanno niente da invidiare a nessuno. Credo proprio che l’anima di questo Paese sia costituita da tante piccole realtà. In fondo le città diventano grandi proprio quando la gente che arriva dai piccoli centri unisce la propria storia a quella degli altri, no?".

TEATRO, CULTURA, AMBIENTE, ENOGASTRONOMIA: NORCIA IN PRIMA LINEA
In realtà, è sorprendente la vitalità culturale dei “cento campanili”. Norcia, in questo periodo impegnata nell’organizzazione di uno degli eventi nazionali di maggiore spicco del suo settore, "Nero Norcia", la Mostra mercato del tartufo nero e dei prodotti tipici della montagna (in due week end: 18-19-20 febbraio e 25-26-27 febbraio), ha cinquemila abitanti e due compagnie teatrali, e, da tre anni, stagioni artistiche di grande richiamo.

A proporre e curare il programma 2011 è stata l'Associazione "Gad", in collaborazione con l'"Associazione Amici del teatro", con il patrocinio del Comune (che, esempio da seguire se si vuole esaltare la vocazione culturale del nostro Paese, non ha lesinato risorse) e la direzione artistica di Mara Ottaiano. La scelta degli spettacoli in programma, i contatti con le compagnie e con i singoli artisti, il coordinamento e l'avvio di tutto il progetto si devono invece a Guido Palliggiano, recentemente scomparso, cui è dedicata tutta la stagione. Prossimo appuntamento il 19 febbraio, in concomitanza con il primo week-end della 48ma edizione di "Nero Norcia": si tornerà a ridere con la Compagnia "Teatro Tredici" di Norcia, che metterà in scena la commedia dell'inglese Noel Coward "Spirito allegro".