di Sandro Calice INTO PARADISO
di Paola Randi, Italia 2010 (Istituto Luce)
Gianfelice Imparato, Peppe Servillo, Saman Anthony, Eloma Ran Janz, Gianni Ferreri, Shatzi Mosca.
Ma chi sono gli immigrati? Come vivono, dove stanno? A Napoli Alfonso li trova per caso nel Paradiso. E saranno la sua salvezza.
Alfonso (Gianfelice Imparato) vive al cimitero, dove lavorava sua madre, ma è uno scienziato, studia le cellule, questa perfetta replica in miniatura della nostra società. E’ bravo, ma c’è la crisi e viene licenziato. L’amico che resiste a tenere aperto il suo vecchio cinema a luci rosse nonostante gliel’abbiano incendiato 4 volte, gli suggerisce di rivolgersi a Vincenzo Cacace (Peppe Servillo), sì proprio quel Cacace compagno di scuola e che ora è un politico in carriera. Alfonso va da Cacace con un presente e ne esce con una commissione: deve consegnare un pacco, poi la raccomandazione per farlo riassumere sarà cosa fatta. Ma non va come deve. E Alfonso si rifugia in una catapecchia sul tetto di un palazzo nel mandamento “Paradiso” nel cuore di Napoli, dove vive la comunità srilankese. Dove è appena arrivato Gayan (Saman Anthony) ex campione di cricket dello Sri Lanka convinto di trovare ricchezza e benessere. E dove li raggiunge pure Cacace nel tentativo di salvarsi la vita. Tre uomini, un destino da inventare.
“Into Paradiso”, presentato in Controcampo italiano all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, è l’opera prima di Paola Randi, regista lombarda con un passato da project manager e la passione per il teatro. Un ottimo esordio. Randi dice che voleva fare una commedia sull’immigrazione, sulla coabitazione forzata, attraverso l’espediente narrativo dell’italiano che si ritrova straniero nella sua città. E l’operazione funziona, grazie alla bravura dei protagonisti (tutti) e a una narrazione che attinge ai linguaggi del teatro, dell’arte, del fumetto, mescolandoli in una storia paradossale ma verosimile. Qualche peccato veniale di sceneggiatura non rovina l’atmosfera complessiva di divertita leggerezza.