Paesi arabi e la voglia di democrazia


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Le ragioni della protesta

I giovani attivisti e Internet. L'impatto della rivolta sul mondo b

L'innesco è stato la ribellione contro l'aumento dei prezzi dei generi alimen- tari e la disoccupazione. Prima in Tunisia, dove le rivolte dopo il suicidio per estrema protesta di un giovane laureato disoccupato hanno assunto un carattere insurrezionale, poi in Algeria. Quindi in Egitto, che è diventato il più sensibile alle rivolte tunisine,con una mobilitazione contro il regime di Mubarak guidata proprio dai giovani. La protesta da gennaio è dilagata anche in altri Paesi come Yemen e Giordania. In tutti, assistiamo allo scontro tra strutture politiche autoritarie e istanze emergenti della popolazione.

CONTESTI DIVERSI, MA ANCHE ANALOGIE
Nonostante le differenze a volte notevoli,i Paesi arabi del Nord Africa hanno in comune la concentrazione del potere nelle mani di élite ristrette e una mancata redistribuzione delle risorse interne. Inoltre, all'incubazione della rivolta può aver contribuito il fallimento delle politiche di cooperazione euromediterranea inaugurate a Barcellona nel 1995 (regressione dell' interscambio commerciale). Secondo gli attivisti per i diritti umani, la rabbia contro gli abusi e la tortura usata dalle forze di sicurezza è stato uno degli elementi scatenanti della protesta cominciata il 25 gennaio in Egitto contro il regime di Mubarak.

ONU:RIVOLTE CONTRO ASSENZA DEMOCRAZIA
"Le rivolte nel mondo arabo sono state provocate dalla povertà e l'insicurezza delle condizioni di vita, ma anche dalla corruzione e da una mancanza di democrazia". E' quanto afferma il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon.

Il ministro yemenita Qirbi dice che disoccupazione e povertà alimentano la rabbia in diversi Paesi del Medioriente, tra cui il suo. "La frustrazione dei giovani è universale nel mondo arabo". "Il nostro è stato il successo della libertà e non è stato il nostro esempio a influenzare altre società, bensì la ricerca di quell'ideale universale", dice il neo-ministro tunisino, Ouna.

LA "BATTAGLIA" DEI GIOVANI EGIZIANI
Rabbia, speranza e anche ironia sulle pagine social-network dei giovani attivisti egiziani che da giorni raccontano in tempo reale "La battaglia del Cairo".

Il "faraone" Mubarak suscita, dopo le parole rabbiose delle prime ore, commenti dissacratori. Anche il neo-premier Shafik non sfugge all'irrisione, specie dopo le dichiarazioni in cui smentisce un ruolo del regime nelle violenze. Tanti i messaggi: per denunciare le intimidazioni contro i giornalisti, raccontare la solidarietà ("ho fotografato dimostranti cristiani che proteggevano musulmani) e gli slogan ("la guerra è quando il governo ti indica i cattivi. La rivoluzione è quando lo decidi tu").

FIGLI DI FACEBOOK I PROTAGONISTI
Sarebbero i "figli di Facebook", giovani "privi di un'agenda religiosa o ideologica che non sia la richiesta di un futuro migliore per l'Egitto e per la sua gente", insieme ai militari che in questi giorni "si sono guadagnati il rispetto della gente" assicurando la sicurezza e la stabilità del Paese, i protagonisti del nuovo Egitto. Lo scrive in un commento pubblicato su diversi quotidiani in tutto il mondo, dal New York Times al Pais, Ahmed Zewail, premio Nobel per la chimica nel 1999 e inviato speciale del presidente Usa Obama per i rapporti con il mondo scientifico mediorientale.

NATO: PROTESTE, IMPATTO NEGATIVO
"La crisi egiziana non è una minaccia diretta per la Nato e per i suoi alleati", ma a medio e lungo termine potrebbe avere un impatto negativo sull'eco- nomia con un aumento dell'immigrazione illegale in Europa". Lo afferma il segretario generale della Nato Rasmussen. "Potrebbe esserci un impatto sul processo di pace in Medio Oriente e sulla stabilità della regione", aggiunge. L'instabilità prodotta dalle rivolte in Nord Africa rende urgente un ritorno al tavolo delle trattative per giungere a un accordo di pace israelo-palestinese, dice il presidente israeliano Peres.

EGITTO NON VUOLE ISLAMIZZAZIONE
L'Università Al Azhar del Cairo, massimo centro dell'Islam sunnita, scende in campo contro l'Iran che ha sollecitato una svolta khomeinista per la rivolta egiziana. "I Fratelli musulmani sanno che non possono fare qualcosa di simile a quanto avvenuto in Arabia Saudita o, per altri versi, in Iran. Ritengo che essi, nei nuovi scenari che si aprono per l'Egitto, saranno certamente rappresentati e cercheranno, come hanno cercato di fare finora,di introdurre delle norme più islamiche", dice a "Ragionpolitica" on-line l'islamologo Khalil Samir, docente all'Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale a Roma.

STORIA NORDAFRICA CAMBIATA PER SEMPRE
"Uno tsunami inarrestabile" grazie al quale la storia del Nord Africa e dell' area mediorientale "è cambiata per sempre", dice il giornalista egiziano Nemr. Per il giornalista algerino Lakhous, "per anni i leader di questi Paesi hanno ricattato l'Occidente affermando che senza il loro governo sarebbe stato il caos". "I giovani manifestanti guardano alla Turchia di Erdogan come modello di conciliazione e democrazia", aggiunge.

L'accademico francese Filiu dice all' Ansa che le rivolte pacifiche destabilizzano Al Qaeda e il credo violento. A Parigi un monumento ricorderà il giovane tunisino Bouazizi, datosi fuoco il 17 dicembre avviando la rivolta.