I film del week end


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Senna

di Mauro Caputi

SENNA
di Asif Kapadia, Gran Bretagna (2010), (Universal)
Documentario

La vita sportiva di uno dei talenti indiscussi della Formula 1 dagli inizi nei kart fino alla tragica scomparsa durante il Gp di San Marino a Imola nel 1994. Tutto con immagini ‘reali’, tratte dalla copertura delle corse, dalle interviste e dalle riprese del paddock, dai filmati amatoriali fatti in famiglia. Commentato dalla voce dei protagonisti, senza nulla concedere alla ‘dramatization’.

E’ probabilmente la prima volta che la vita di un campione dello sport, di un qualsiasi personaggio di rilievo, sbarca al cinema senza la ‘mediazione’ degli attori. La scelta di Asif Kapadia, regista britannico di origini indiane, è netta e ha incontrato il favore dei familiari del campione brasiliano. La sua storia è una gara continua che concede poco o nulla all’aspetto extrasportivo. O meglio, spiega che l’esistenza extrasportiva di Ayrton Senna era strettamente legata alle gare. Si comincia con la prima trasferta europea del pilota paulista: correva nei kart e mentre scorrono le immagini amatoriali, forse riprese dal padre Milton, è lo stesso Ayrton, ormai tre volte iridato, a spiegare cosa significava quella competizione scevra dalla “politica”. Un concetto che tornerà. Ma, intanto, c’è il tempo della maturazione. Nel 1984, primo anno in Formula 1, a bordo di una Toleman senza pretese sorprende il mondo a Montecarlo. Sul Principato si abbatte una pioggia scrosciante e Senna, quasi esordiente, vola sull’acqua in una pista che tale non è, recupera posizioni su posizioni e bracca Prost. La pioggia non cessa, la direzione gara decide di sospendere. Prost vince, ma ora Senna è un fattore per la Formula 1. L’anno dopo c’è la Lotus, con la prima vittoria, all’Estoril. Tre stagioni a bordo delle auto con livrea oronera, poi il balzo in McLaren, con Prost come compagno. E’ il 1988 e c’è la gioia del primo titolo iridato (“L’unica cosa bella del Brasile”, dice un fan in un telegiornale brasiliano dell’epoca). L’anno successivo cominciano i veleni con l’ingombrante compagno. La storia si dipana raccontata, con inserti spesso coevi, dagli stessi protagonisti: i commentatori sportivi, il medico della Fia Sid Watkins, il team principal della McLaren Ron Dennis, la sorella del pilota Viviane. Quel 1989 si termina con lo ‘speronamento’ di Suzuka: Prost urta Senna tentando di passare, entrambi finiscono fuori pista, il brasiliano riparte e vince ma viene squalificato per aver ‘tagliato’ la chicane. E’ la “politica” che vince, ci viene detto, il mondiale va a Prost. Ma l’anno successivo Prost va in Ferrari e Senna restituisce la ‘cortesia’ proprio a Suzuka: la sua McLaren aggancia la Ferrari dopo pochi metri dal via e tutti e due finiscono nella sabbia. Mondiale finito e secondo titolo per il brasiliano, con rosario di litigi col francese. Nel 1991 arriva il terzo titolo, poi comincia lo strapotere Williams. C’è tempo per l’ultima gioia, la vittoria per la prima volta nel Gp del Brasile nel 1993, a Interlagos nella sua San Paolo. Poi le immagini scorrono con un senso d’immanenza: il passaggio alla Williams che però aveva finito il suo periodo d’oro, i primi due Gp a vuoto, quindi Imola. Un weekend tragico: incidente, senza conseguenze, a Barrichello al venerdì; incidente mortale a Roland Ratzenberger al sabato; scontro sulla griglia fra Lamy e Letho; cinque giri dietro la safety car, la ripartenza e il fuoripista al settimo giro. Una nazione è in lacrime.

Questa è la storia, non c’era altro da aggiungere e non è stato aggiunto. Sui titoli di coda, e in un breve inserto durante il documentario, viene ricordato l’impegno della Fondazione Senna nella lotta alla povertà, soprattutto dei bambini, in Brasile (ed effettivamente, il reale impegno della Fondazione venne rivelato solo dopo la scomparsa del pilota). Fra gli amministratori il nome che non ti aspetti: Alain Prost. E’ lo sport, è la vita.