A Putignano


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617 anni di carnevalesca critica al potere

Inizia il 26 dicembre e finisce l'8 marzo carnevale_putignano_296

di Marta Mandò

Tradizione e trasgressione. Binomio di ogni carnevale, ma ancora di più per il longevo carnevale pugliese di Putignano. I fatti di attualità salgono sui carri allegorici con due temi preminenti dell’anno: l’immancabile e prevedibile rituale afro-libico post prandiale, oggi negli atti giudiziari della procura di Milano, e meno scontato, l’attenzione all’ecosistema, in particolare il disastro ambientale del Golfo del Messico (chissà, poi, come è andata a finire…).

Il format è davvero storico: quello di Putignano è probabilmente il più antico carnevale d’Italia (si contende il primato con quello di Verona) ed anche uno dei più antichi d’Europa. Edizione 617. Iniziato il 26 dicembre 1394 quando i Cavalieri di Malta decisero la traslazione delle reliquie di Santo Stefano (ancora oggi patrono della cittadina), da Monopoli a Putignano, per sottrarle al pericolo di profanazioni da parte dei pirati saraceni. Tutto il popolo accompagnò con grande gioia, balli e canti la processione fissando la prima edizione del Carnevale. Ed è anche il più lungo per durata: inizia il 26 dicembre e finisce, come da regola liturgica, l’8 marzo, ma poi ha qualche riemersione a Ferragosto.

I mastodontici carri escono dalle loro tane-hangar dopo 4-5 mesi di gestazione collettiva che ricordano un po’ le botteghe rinascimentali: un’idea da mantenere segreta che esprima la critica del “popolo” contro la classe dirigente, un maestro cartapestaio che tramanda il suo sapere armato di idee e pennelli. Una quindicina di operai-artisti-apprendisti pronti a impastare 10 quintali di carta, per l’esattezza 20mila giornali con litri e litri di colla e acqua (più o meno per ogni singolo carro va in artefatto il numero di copie diffuse per un quotidiano locale). Tutto per costruire una maschera che rimette in primo piano le preoccupazione per l’ambiente, troppo spesso sottotono o presto dimenticate. Carri alti come palazzi sfilano per le vie bianche della cittadina rappresentando il “tappo” messo in fondo al mare dopo tanti tentativi per bloccare la fuoriuscita del petrolio, soluzione artigianale che non convince ma mette solo a tacere (utilità del tappo) gli organi di stampa. E poi il futuro dell’uomo che dopo aver maltrattato la Terra cerca un pianeta pulito e incontaminato da inquinare. Sono temi universali che in un altro carro si palesano pessimisticamente in un paradiso terrestre dove il serpente, diventa la parte preponderante delle relazioni sociali, sfociando nella maggior parte delle volte in azioni di cronaca: soprusi, ingiustizie, inquinamento, mafie, illegalità, ecc.

Nella stratificazione dei tempi non si è perso però, anzi si è rinvigorito, l’affondo irriverente verso il potere, (altrimenti non sarebbe Carnevale). “Gli uomini politici sono dei gran pezzi di carta”, uno degli slogan più gettonati. Il federalismo fiscale, che nel dibattito politico non si riesce a comprende quali effetti avrà sulla vita di tutti i giorni, diventa un elementare allegoria dei fratelli “polentoni” d’Italia contro i fratelli “terroni”.

Il Governo è immaginato prendendo spunto dalla favola più classica: una malefica regina, che avvelena l’ignara Biancaneve (alias la bella Italia,) cibandola di falsità e lusinghe, pur di raggiungere il proprio egoistico scopo. I sette nani, però, hanno un ruolo sociale: per esempio Pisolo rappresentante dei pensionati e disoccupati e Brontolo-tutti gli altri che, da tempo, hanno motivo di lamentarsi. C’è anche una sorta di nano infiltrato, espressione di quella parte subdola della società che, mascherandosi, trae vantaggi dal potere acquisito a danno degli altri. E naturalmente al centro della rappresentazioni dei carri c’è il presidente del Consiglio. Ora in veste di fauno con le zampe caprine e del mutevole Puck di “Sogno di una notte di mezza estate” che seduttivamente attira con suoni falsi. L’illusione è di abbandonarsi in sfrenate danze circondato dalle ninfe dei boschi, per trascinare il popolo italiano, vessato dalla crisi, nel suo regno apparentemente dorato. Chissà se nel finale si redime, come fa il personaggio scespiriano. E ancora la rappresentazione del premier che si incarta nella sua stessa e famosa barzelletta: questa volta tocca lui dover scegliere quale punizione “infliggersi”.

Costi tra i 10 e 20 mila a carro che per voluto effetto effimero in caso di pioggia resistono solo un giorno, poi si sciolgono come coriandoli. Si sa …ogni scherzo vale. Insomma è il significato stesso del carnevale, liberamente “licet insanire” ma solo per un tempo molto limitato.