Piatti tricolore


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L’unità si fa a tavola

Per 46% italiani cibo è simbolo dell’identità nazionale pizza_napoli_296

di Marta Mandò

Il 17 marzo si avvicina e qualcosa bolle in pentola. Non si tratta degli strascichi polemici, festeggiamenti si festeggiamenti no, ma di un “non so che” molto più succulento, dove le diversità fanno la regola dell’unità d’Italia. Semplice a dirsi. Eppure questa volta il tema mette d’accordo federalisti, convinti italofoni e perfino internazionalisti. Il messaggio condiviso è: l’Unità si fa a tavola. Non c’è niente di più unificante e nazionale di un piatto di spaghetti, una caponata, un pezzo di parmigiano o la pizza margherita (del resto quando il pizzettaro di Napoli, chiamò Margherita la sua pizza preparata in onore della visita della seconda regina, nuora del primo Re d’Italia, non poteva immaginare quanto i gusti tricolore -basilico, mozzarella e pomodoro- potessero imporsi nel mondo). L’unità a tavola è così radicata che un’indagine della Coldiretti ha decretato che per il 46% degli italiani il cibo è il primo simbolo dell’identità nazionale, più significativo della cultura 37% (si sapeva), della moda 9% (meno scontato) del calcio 5% (inimmaginabile!).

Oggi qualcuno prova a cercare una sintesi e nell’elenco dei festeggiamenti ufficiali scelti dal comitato dei garanti, (solo qualche nome: Ernesto Galli della Loggia, Claudio Martelli, Roberto Bolle, Marcello Veneziani, Giovanni Allevi, Vittorio Bo e presieduto da Giuliano Amato) ci sarà ad esempio lo stappo della bottiglia celebrativa ufficiale dei 150 anni dell'Unità d'Italia, selezione di 40 vitigni per realizzare un vino rosso e uno bianco che siano la summa delle 20 regioni del Belpaese. Dicono che l’idea sia stata accolta con grande entusiasmo dal Quirinale. Il vino d’Italia dovrebbe annaffiare il cibo tricolore.

Così è partita anche l’idea di individuare le ricette d’Italia, quelle che gli italiani hanno nel cuore. Su Internet gli utenti propongo piatti, svelano trucchi, varianti e raccontano ricordi che dovrebbero dare al piatto scelto un marchio d’italianità più forte delle altre pietanze. La ricerca dei protagonisti presuppone che si possano identificare dieci magnifiche, i piatti della “vera” cucina nazionale. E intanto cuochi e ristoratori italiani all’estero preparano il loro “Un piatto per l’Italia” (iniziativa che partirà a maggio). Ci si mettono poi gli chef: Carlo Gracco, noto cuoco vicentino, vota per gli spaghetti, ma poi traccia “una linea immaginaria tra la tavola del Nord, dove 'regna' il risotto e quella del Sud che vede la 'pasta' come sua signora” (a ben vedere un confine abbastanza osmotico).

Ma la questione meridionale in cucina esiste eccome, anche se innocua. Il punto d’unione tra Nord e Sud, secondo Gianfranco Vissani, è la polenta (lasciamo perdere se poi “affonda” al Sud e diventa “cemento” al Nord. Dettagli). Ognuno di loro torna alle preferenze campanilistiche, ma pare che, comunque, i grandi cuochi confermino l’olio extravergine d'oliva come vera e propria bandiera italiana. Da Vissani al giovane siciliano Gianni Zichichi, eletto l'anno scorso miglior Chef emergente del Sud. Una pietra miliare della nostra Unità si ebbe con la pubblicazione nel 1881 del ricettario dell’Artusi.

La particolarità di questo testo, "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene”, e delle sue 790 ricette raccolte viaggiando, sta nel messaggio rivolto a ogni italiano che aveva un mestolo, per ritrovare un pezzo della propria identità. Il puzzle delle ricette regionali e locali viene per la prima volta, ricomposto in un quadro unitario, tracciando i confini della tradizione gastronomica nazionale, del piacere e di una prosa adatta alla cordialità nostrana. Manuale onnipresente nelle cucine italiane, ha contribuito ad un secolo e mezzo di ragù di carne domenicali, di pranzi pasquali o delle cosiddette colazioni di lavoro. Per non parlare poi di quelle politiche. Qualche anno fa il Colle allestì la mostra “Pranzo al Quirinale” che descriveva i ricevimenti ufficiali odierni e trascorsi proprio nel palazzo del Presidente. Dunque, l’Unità a tavola c’è e anche con un certo orgoglio e coscienza.