'Noitaliani, da centocinquant'anni'

La celebrazione dall'Unità d'Italia è l'occasione per una riflessione sulla nostra o sulle nostre identità. 'Noitaliani, da centocinquant'anni', di Gianguido Pagi Palumbo - Infinito edizioni

L’occasione storica della celebrazione dell’Unità di un Paese europeo come l’Italia è unica per una riflessione sulla nostra o sulle nostre identità. È un passaggio collettivo nella vita di un popolo in un momento storico in cui la globalizzazione avanza velocemente, l’Europa procede a fatica ma procede, il mondo sta vivendo grandi trasformazioni. E allora: chi siamo noi italiani? Che senso ha l’Italia? Dove ci porterà la mediocrità della politica contemporanea? A queste domande vuole dare risposte il libro scritto Gianguido Pagi Palumbo.

Da "NOITALIANI, da centocinquant'anni"
“In Italia, soprattutto rispetto al resto d’Europa, sembra che il razzismo, la reazione negativa alla presenza sempre più numerosa di cittadini con origini straniere, sia un problema morale, umanitario, di tolleranza, di pietà, di solidarietà o nel migliore dei casi di bisogni e convenienze reciproci.

L’origine vera di tutto ciò sta invece soprattutto nella realtà economica del nostro Paese come si è venuta creando negli ultimi cinquant’anni e soprattutto negli ultimi dieci.

I dati e la esperienza concreta e quotidiana documentata da diverse ricerche e inchieste, dicono che grande parte della società italiana si basa sul lavoro di cittadini stranieri, in parte regolari, con permesso di soggiorno, in molta parte irregolari “clandestini” o in attesa di permesso.

L’agricoltura, l’allevamento, l’edilizia, la piccola e media industria manifatturiera, il turismo con hotel, ristoranti e bar, il commercio, la sanità, l’assistenza familiare e i servizi alla persona e perfino i “servizi agli uomini” (la prostituzione, con oltre 30.000 donne straniere), sono tutti settori in cui la gran parte dei lavori basilari e più umili sono svolti da immigrati e immigrate spesso pagati in nero.

Oltre a ciò, la stessa criminalità organizzata italiana nelle sue articolazioni siciliane, calabresi, campane, pugliesi, impiega, utilizza e coinvolge un’altra parte di immigrazione irregolare, d’accordo con le organizzazioni criminali straniere (slave, africane, cinesi, russe).

Ciò significa che l’economia e la società italiana in generale sono strutturalmente basate sul lavoro di immigrati sfruttati: braccianti e raccoglitori, mungitori, pastori, badanti di animali, guardaboschi, muratori, operai di ogni sorta, macellatori, camerieri, lavapiatti, aiuti cuoco, panettieri, pulitori, commessi, infermieri, portantini, badanti di anziani, domestici, colf, lavoratori-trici del sesso…”

L’autore
Nato a Palermo nel 1953, dal 1992 si occupa di cooperazione internazionale e immigrazione curando progetti e svolgendo missioni di lavoro nei Balcani, in Africa, in Asia, in America Latina. Dal 2002 vive e lavora a Roma affiancando all’attività di cooperatore internazionale quella di pubblicista e scrittore. Nel 2008, assieme allo scrittore Pap Khouma, ha creato la rivista on line italo-africana Assaman (www.assaman.info), di cui è condirettore.

È autore, tra gli altri, di: Andrej a Belgrado (Ediesse, 2002), Amparo dove vai? (Ediesse, 2004), Amina di Sarajevo (Ediesse, 2005), Teresina, una storia vera (Ediesse, 2008).