Uno tsunami (che non a caso è una parola giapponese che vuol dire letteralmente 'onda di porto' o 'onda contro il porto') è un maremoto generato da un grande terremoto in mare, che causa un movimento dell'acqua che può portare a onde alte diverse metri, in grado di spazzare via una volta arrivate sulle coste qualunque cosa incontrano sulla propria strada.
"La condizione essenziale perché si crei uno tsunami è che ci sia un forte terremoto in mare in una zona superficiali del fondale, tra le prime decine di chilometri", spiega l'esperto Nevio Zitellini, ricercatore dell'Istituto di scienze marine del CNR di Bologna: "Lo tsunami si genera con un terremoto, cioè con i movimenti del fondo causati da placche che convergono, come è stato oggi nel caso del Giappone. Il fondale si sposta fisicamente di qualche metro e in verticale si sposta in contemporanea una colonna d'acqua, che dovendo poi tornare poi in equilibrio genera un'onda".
"L'onda dello tsunami - continua - normalmente ha una frequenza bassissima e molto lunga, di centinaia di chilometri: si propaga su distanze molto grandi ed è anche molto veloce in pieno oceano. Più il mare è profondo e più è veloce, nel Pacifico ad esempio va alla velocità di un jet, a 700-800 km l'ora. Chi è lontano dall'ipocentro ha il tempo di spostarsi, ma chi è vicino può essere investito dall'onda. Per questo i giapponesi hanno investito moltissimo sulla prevenzione degli tsunami con sensori in mare in grado di prevedere l'arrivo dell'onda e attivare tutti i sistemi di allerta".
"L'ampiezza dell'onda è enorme e l'altezza è piccolissima - spiega ancora Zitellini - ma avvicinandosi alle coste la profondità dell'acqua diminuisce e per la compressione l'onda diventa altissima, da qualche decina di centimetri diventa di metri", capace di distruggere qualunque costruzione e infrastruttura incontri sulla terraferma.
Dal pericolo tsunami a livello teorico non si possono ritenere al sicuro nemmeno i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La tettonica a placche insegna infatti che tra Europa e Africa corre la linea di divisione tra la placca euroasiatica e quella africana e un attrito tra le due potrebbe provocare terremoti anche forti in mare. Se succedesse un'onda anomala potrebbe raggiungere le coste di Italia, Francia e Spagna, "con l'aggravante che le nostre sono molto più vicine al possibile ipocentro e fortemente abitate. Per questo - conclude il ricercatore - stiamo lavorando a un prototipo di 'tsunamometro', una stazione di rilevamento installata ad oltre 3.000 metri di profondità nel Golfo di Cadice per il rilevamento preventivo dei maremoti conseguenti a sismi".