di Dario Moricone
Trent’anni di carriera condensati in settantacinque foto che raccontano la vita, le avventure e i sogni di Steve McCurry.
Il sontuoso volume “L’istante rubato”, edito dalla Phaidon, è solo l'ultimo in ordine temporale del grande fotografo americano. Una carriera passata a scattare per i più importanti giornali del mondo, tra cui il National Geographic, e per conto della mitica agenzia Magnum Photos, di cui è membro dal 1986.
Per sfogliare il libro bisogna sedersi comodamente, utilizzare un'unica fonte di luce che non sia troppo invadente e che non crei fastidiosi riflessi.
Il testo è ridotto al minimo perché a parlare sono le foto tratte dai reportage di McCurry. Davanti ai nostri occhi scorrono immagini, momenti che racchiudono l'essenza della filosofia dell'autore.
Le immagini di McCurry non sono solo dei piccoli capolavori di tecnica fotografica, ma ci parlano e ci mostrano quel momento ineffabile che il click della macchina è riuscito a rubare e a conservare per l'eternità in un’immagine.
"La maggior parte delle mie foto riguardano persone – dice McCurry – Con le mie foto cerco di carpire quell’istante rubato, quel momento in cui l'anima più vera si affaccia e appare l'esperienza di una vita impressa sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che significa essere quella persona, una persona in un paesaggio più ampio che si potrebbe chiamare condizione umana”.
McCurry parla di anima e non è un caso perché dalle sue foto si capisce la differenza tra un'immagine con anima, che ci colpisce, ci fa pensare, da un’anonima che magari racconta una storia, ma che una volta messa da parte non ha più nulla da dire.
E quindi si parte in questo viaggio fatto di forme e colori soffermandoci in Yemen, Mali, Niger, Chad, India, Afghanistan, Sri Lanka, Cambogia, Myanmar, Francia ed ex Jugoslavia.
“La sequenza di immagini non è legata a un evento o una cultura in particolare – dice McCurry – ma vuole mostrare la più grande varietà di esperienze umane. Ho voluto creare per il lettore un senso viscerale di bellezza e meraviglia così come l’ho vissuta quando mi ci sono trovato durante i miei viaggi, quando la sorpresa dello strano cozzava con la delizia del familiare. Questi contrasti, tra passato e presente, tra sacro e profano, tra domestico ed esotico mi hanno dato vigore. Il mio impulso è stato quello di fermarli e di condividerli affinché potessero toccare e ispirare anche altre persone”.
D’altronde le persone nel loro contesto sono state sempre il marchio di fabbrica di McCurry. Gli sguardi, le sensazioni di un momento fermate per sempre nei posti più improbabili e lontani del mondo. Del resto, come suggerisce lui stesso ,“se vuoi diventare un fotografo per prima cosa lascia casa, vai lontano il più possibile, diventa straniero in una terra straniera, impara l’umiltà”.