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L’eccellenza dell’Italia anche nello Spazio

Intervista a Simonetta Di Pippo, Direttore dei Voli Spaziali Abitati dell’Esa dipippo_esa_296

di Emanuela Gialli

Simonetta Di Pippo è Direttore dei Voli Spaziali Abitati dell’Esa e segue da vicino la missione dell’astronauta Paolo Nespoli nella Stazione Spaziale Internazionale. Vorrei farle prima di tutto una domanda che forse molti potrebbero porsi leggendo questa intervista.

La presenza di astronauti a bordo dell’ISS in questo momento può essere d’aiuto in qualche modo alla gestione dell’emergenza in Giappone?
La Stazione Spaziale Internazionale è un laboratorio molto versatile che da circa due anni è ormai completamente operativo, dopo che si sono concluse le operazioni di costruzione. Con sei astronauti a bordo ormai circa un terzo del tempo degli astronauti è dedicato completamente alla scienza. L’idea è che sia un laboratorio multidisciplinare e aiuti gli scienziati da Terra a studiare campi differenti: i più tradizionali in condizioni di microgravità sono naturalmente la fisica e la medicina spaziale (per comprendere i meccanismi di invecchiamento), ma uno dei miei obiettivi è quello di spingere molto sull’utilizzazione della Stazione per studiare la Terra, dal clima a tutto quello che si può osservare da questo punto di vista privilegiato, come gli effetti sconvolgenti delle catastrofi naturali del tipo di quella che ha colpito in questi giorni il Giappone.Stiamo lavorando perché la Stazione diventi sempre più un punto di riferimento per chi è sulla Terra, anche riguardo a questo tipo di ricerche e osservazioni. Tra l’altro, ricordiamo che il Giappone è uno dei cinque partner internazionali della Stazione: i sei astronauti seguono con apprensione come tutti noi quello che sta accadendo.

Lo Shuttle Discovery della Nasa non effettuerà più voli per la ISS. Come si potrà raggiungere la Stazione d’ora in poi? I russi continueranno a garantire i trasferimenti con la navicella Soyuz?
Rimangono ancora due voli Shuttle, gli ultimi. Il primo avverrà il 19 aprile, con l’Endeavour e porterà a bordo, oltre all’altro astronauta italiano Roberto Vittori, uno straordinario strumento di ricerca per l’antimateria e la materia oscura chiamato AMS e costruito mediante la più grande collaborazione internazionale per la costruzione di un esperimento spaziale, coordinata dal premio Nobel e mio amico, Samuel Ting. Il secondo e ultimo, a bordo dell’Atlantis, dovrebbe essere effettuato a fine giugno: si tratterà del 135º volo di questo straordinario vettore spaziale, sempre che la Camera dei Rappresentanti e il Senato americani non taglino i finanziamenti in discussione in questi giorni. Dopo si aprirà una nuova era per il volo spaziale. Da un lato, la regolare navetta di trasporto sarà la Soyuz russa che già oggi costituisce un pilastro per il trasporto dell’equipaggio sulla Stazione. Dall’altro la NASA sta finanziando compagnie private come SpaceX del fondatore di PayPal Elon Musk, per lo sviluppo di affidabili navette spaziali di trasporto per la Stazione o per servire qualsiasi struttura in orbita bassa. E queste compagnie, assieme a tutte quelle che si stanno attrezzando per il turismo spaziale su voli suborbitali, stanno avendo uno strepitoso successo. Alcuni voli di prova sono stati già testati e credo che molto presto si aprirà un’epoca in cui l’accesso allo spazio sarà garantito proprio da compagnie private, mentre le grandi agenzie spaziali mondiali potranno concentrarsi sull’esplorazione del Sistema Solare e sui piani a lungo termine come quello di arrivare su Marte passando per la Luna.

A bordo dello Shuttle per l’ultimo volo ci sarà, come ci diceva, anche Roberto Vittori, che insieme a Nespoli rappresenta la seconda generazione, mi corregga se sbaglio, di astronauti italiani nello spazio, dopo Umberto Guidoni. E’ già pronta la terza?
Roberto Vittori fa parte della stessa generazione di Paolo Nespoli. Sono tutti astronauti di grande valore e con molta esperienza, che fanno ormai parte dal 1999 del Corpo Astronauti Europeo e che vennero selezionati dalle agenzie spaziali dei vari paesi membri dell’ESA. Oggi stiamo allenando una nuova generazione di astronauti, con una nuova mentalità tutta europea, che sono giovani, dinamici, determinati e molto intelligenti. Di questi fanno parte anche Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana donna e al momento anche l’unica nel corpo astronauti europeo, e Luca Parmitano, appena assegnato per una missione di lunga durata sulla Stazione nel 2013, analoga a quella di Paolo Nespoli. Nella stessa selezione, che ha valutato fra più di 8000 domande provenienti da tutta Europa, abbiamo anche scelto altri quattro giovani molto promettenti che faremo volare molto presto: un francese, un danese, un tedesco e un inglese. Proprio in questi giorni a Parigi stiamo discutendo dell’estensione dell’utilizzo della Stazione fino al 2020 e oltre. In questo contesto, lo spazio per l’Europa, i suoi astronauti, la sua scienza e la sua tecnologia sarà sempre più grande. L’Europa è uno dei partner più importanti della Stazione Spaziale e ogni giorno con i nostri successi – l’ultimo quello della costruzione del veicolo cargo tutto europeo ATV - lo confermiamo sempre di più.

E’ una conferma dell’eccellenza italiana, anche nello Spazio, per i 150 anni dell’Unità dell’Italia?
L’Italia è uno dei tre principali paesi (su 18, presto 19) che contribuiscono maggiormente all’Agenzia Spaziale Europea e in particolare è il secondo paese per il programma della Stazione Spaziale. Lo spazio e la ricerca spaziale per l’Italia sono sempre stati un fiore all’occhiello: fu il terzo paese dopo Unione Sovietica e Stati Uniti a mandare un satellite nello spazio nel 1964 e ancora oggi è un punto di riferimento fondamentale sia per l’industria aerospaziale sia per la presenza nello spazio. Io credo che due astronauti italiani contemporaneamente nello spazio sulla Stazione Spaziale per la prima volta proprio in questi giorni siano il modo migliore per dimostrare che l’Italia unita in questi 150 anni ha saputo guadagnarsi un posto in prima fila nel mondo scientifico da rivendicare con orgoglio. E insegnare una lezione sulla collaborazione pacifica che vale in campo spaziale come in tutti gli altri campi: uniti si è più forti e si arriva più lontano. Magari anche a Marte.