I film del week end


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Dylan Dog

di Sandro Calice

DYLAN DOG
di Kevin Munroe, Usa 2011 (Moviemax)
Brandon Routh, Sam Huntington, Anita Briem, Taye Diggs, Peter Stormare, Brian Steele, Kurt Angle, Randal Reeder, Marco St. John, James Hébert, Courtney J. Clark, Ashlynn Ross, Ada Michelle Loridans, Kimberly Whalen.

Sia “benedetto” il pubbico degli adolescenti americani, totem in nome del quale vengono compiuti i migliori disastri cinematografici. I fan restino a casa, dunque: questo film, com’era prevedibile, col Dylan Dog dei fumetti non c’entra nulla, o quasi.

Dylan (Routh) fa l’investigatore privato a New Orleans. Mariti, mogli e tradimenti sono il suo lavoro. Ma non è stato sempre così. I non-morti e i mostri abitano tra di noi e Dylan è stato a lungo l’arbitro, il garante umano dei loro equilibri, per certi versi l’unico e ultimo baluardo a difesa dell’umanità. Poi la donna che amava è stata uccisa e lui ha spento quella parte della sua vita. L’incubo, però, prima o poi ritorna. E stavolta ha le sembianze di un mostro che uccide il padre di Elizabeth (Briem), una bionda misteriosa che vuole ingaggiare l’investigatore e il suo aiutante Marcus (Huntington). Dylan capisce che c’è un antico e potente manufatto dietro l’omicidio, qualcosa che coinvolge il clan dei lupi mannari guidato dal suo vecchio amico Gabriel (Stormare) e i vampiri guidati dall’infido e spietato Vargas (Diggs). E’ una partita pericolosa, dove ognuno si illude di avere il controllo e dove è in gioco il destino stesso dell’umanità.

Il punto qui, e lo diciamo da fan, non è essere fan o meno. Nessuno pretende l’aderenza perfetta ai fumetti (abbiamo avuto il tempo di disilluderci con tutti gli adattamenti cinematografici della Marvel) e si sa che i fan non sono mai contenti. E comprendiamo anche tutte le difficoltà di gestazione, per cui la prima sceneggiatura risale al 1998 e probabilmente Bonelli, l’editore italiano del fumetto, non è stato proprio contentissimo di vendere i diritti in America. Detto questo, però, il punto è che la filosofia alla base del progetto è tristemente evidente, a partire dalla scelta di rifarsi alla versione americana del fumetto. Dice il regista (parzialmente incolpevole): “Trovo che il fumetto originale sia molto più profondo, e soprattutto più legato al tema della morte. In quello americano, probabilmente, c'è stata l'esigenza di arrivare a un pubblico più vasto”. Ecco, il vero mostro di questa storia è esattamente “il pubblico più vasto”, che nella mente dei produttori generalmente è un adolescente non troppo intelligente la cui memoria non deve fare lo sforzo di andare più indietro di 5 o 6 anni e che è in grado di comprendere solo messaggi basilari come “storia d’amore”, “botte da orbi” e “risate facili”. Per questo “Dylan Dog – il film”, pur essendo dichiaratamente immaginato (!) come un miscuglio di “Underworld”, “Zombieland” e “Grosso guaio a Chinatown”, somiglia più a un episodio di “Buffy – l’ammazzavampiri”, e nemmeno dei migliori. Munroe, il regista, grande appassionato di fumetti, si è ritrovato con una sceneggiatura terribile nella quale ha cercato di inserire elementi gratificanti per gli appassionati e qualificanti per il film (Groucho, Bloch, Giuda ballerino). Ma Munroe è pure uno che ha solo le “Tartarughe ninja” nel suo carniere di regista, non proprio un capolavoro. Routh, dal canto suo, con il paio di espressioni che si ritrova e dei notevoli pettorali trasforma Dylan in un picchiatore-incassatore alla Rocky, ma inzeppato di armi come Rambo. Insomma, anche andando a vedere questo film come non-fan, c’è poco da stare allegri. O da aver paura. La speranza (o la tragedia, fate voi) è che se il botteghino dovesse premiarlo, si sta già pensando al sequel.