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'Il secolo del jazz'

Il jazz incontra la pittura, la fotografia, il cinema, la grafica, il fumetto nella mostra in programma al Mart 296_jazz

di Giovanni Casa

Il jazz incontra la pittura, la fotografia, il cinema, la grafica, il fumetto: questo è “Il secolo del jazz”, in programma al Mart di Rovereto (Tn), fino al 15 febbraio 2009. Curata da Daniel Soutif, con la direzione scientifica di Gabriella Belli, la mostra presenta dischi, partiture e documenti storici significativi. Specifiche sezioni sono dedicate ai principali protagonisti delle arti visive che ripercorrono le tappe più importanti dello sviluppo della musica. Si possono ammirare opere dei grandi artisti del ‘900, come Matisse e Mondrian , fino a testimonianze documentarie eccezionali come i Soundies, gli antenati dei videoclip girati tra gli anni Trenta e Quaranta. Ampi spazi sono inoltre dedicati alla fotografia, alla grafica e al cinema.

L’esposizione apre un dibattito su uno degli intrecci epocali più curiosi e interessanti del secolo scorso: il jazz non fu infatti solo uno straordinario genere musicale, che rivoluzionò i canoni tradizionali della musica, ma rappresentò anche un nuovo modo d’essere della società del Novecento e un fenomeno che ne influenzò profondamente la storia artistica. La rassegna è co-prodotta dal Mart con il parigino Musée du quai Branly e il Centre de cultura contemporània di Barcellona.

Televideo Rai ha intervistato la dottoressa Gabriella Belli

Qual è l’intento della mostra?
“Come tutte le rassegne che il Mart promuove, i grandi eventi di fine anno, anche questa esposizione vuole raccontare una storia nuova del XX secolo. Una storia vista attraverso una relazione virtuosa, ma anche nuova per molti di noi, tra musica e arte. Della musica abbiamo scelto quello che sicuramente è il fenomeno più forte e importante che ha connaturato il secolo scorso, il jazz. Già dall’inizio, dai primissimi anni del Novecento, compare infatti questa formula nuova del concepire la musica e, nello stesso tempo, l’arte la racconta”.

Quali sono i suoi fiori all’occhiello?
“Come per tutte le rassegne, non è facile raccogliere una quantità di opere d’arte, materiali, documentazione, con l’obiettivo di raccontare cento anni di storia. Sono presenti oltre mille oggetti e, soprattutto, grandi e importanti opere d’arte, contemporanea e moderna. Tra queste, forse quelle che possono maggiormente incuriosire, ma anche incantare il visitatore, sono quelle legate ad alcuni dei grandi protagonisti del secolo scorso che si lasciarono influenzare fortemente dal jazz, addirittura che dipinsero ascoltando questa musica. C’è una sala di grande fascino, dedicata a Mondrian, dove primeggia un bellissimo quadro del 1942-43, nel quale si capisce come l’autore, attraverso l’ascolto del ragtime, di questa musica sincopata, ebbe a elaborare alcune delle sue teorie importanti che riguardavano la modularità della linea del pieno e del vuoto nei suoi quadri. Ci entusiasma l’idea che  si possano presentare delle opere in cui sia chiaro, immediato e onesto, il rapporto e il confronto tra la musica e la pittura”.

Ci sono state difficoltà nell’allestimento?
“Una rassegna che racconta e che parla della musica non può non  avere la sua presenza, anche se, voglio sottolinearlo, questa non è  un’esposizione dellamusica o dei jazzisti, è una mostra che racconta l’arte e gli artisti che sono stati fondamentalmente ispirati nel loro lavoro dal jazz. Però la musica è presente. Devo dire che per un museo d’arte, dove in genere il materiale primo che viene utilizzato sono le opere, le sculture e le installazioni, il tema musicale ci ha posto qualche problema. Tuttavia, credo che sia stato risolto grazie all’idea del curatore Daniel Soutif: ha immaginato la mostra come una grande strada di New Orleans, nella quale si aprono le botteghe, i bar, i cabaret, insomma tutti quei luoghi in cui si fa e si produce il jazz. Quindi, l’allestimento, il percorso del pubblico è proprio un viaggio attraverso molti stimoli musicali, una sorta di brusio fantastico di sottofondo che accompagna la visita della mostra. Le difficoltà sono poi state superate, credo proprio brillantemente, anche attraverso un concetto particolare che lega le cose da vedere alle cose da ascoltare”.