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Addio a Mbeki, e poi?

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Molti analisti notano che la coalizione che Zuma è riuscito a mettere insieme per defenestrare Mbeki rischia di implodere, proprio perché l’unico collante che la tiene in vita è l’avversione verso l’ex presidente.

Il gruppo comprende leader studenteschi e finanzieri, imprenditori e sindacalisti, comunisti e liberisti: difficile, anche per un leader popolare come Zuma, conciliare realtà così diverse. Inoltre l’Anc, che dal 1994 ha governato quasi alla stregua di un Partito-Stato, sta vivendo una crisi di immagine e credibilità.

Gli storici successi nella lotta all’apartheid e la mancanza di una vera alternativa tra gli elettori neri gli consentono ancora di vivere di rendita, ma qualche novità comincia a intravedersi all’orizzonte. Delusi dalla deriva populista dell’ultimo congresso e dalle lotte intestine al partito, circa 6.000 aderenti all’Anc si sono dati appuntamento al primo dicembre, per dar vita a una formazione capace di scendere in campo già alle elezioni di aprile.

Il nuovo partito ha i suoi punti di riferimento in due “pesi massimi” della passata gestione: Mosioua Lekota, già vicino a Mbeki, e Mbhazima Shilowa, ex primo ministro della provincia di Johannesburg. I due definiscono Zuma intollerante e antidemocratico e rivendicano per sé il ruolo di portatori dei “veri valori” dell’Anc. La loro piattaforma, al momento, resta fumosa: si parla solo di riforme elettorali, rispetto della legalità e del potere giudiziario, screditato dall’attuale dirigenza Anc.

Il tempo stringe, le elezioni sono dietro l’angolo, lo scontento nel Paese è tangibile; tuttavia, la prospettiva di una alternativa reale appare ancora lontana. In ogni caso, per la nuova formazione, riuscire ad entrare in Parlamento sarebbe già un’impresa, forse un segno di tempi che davvero cominciano a cambiare...