Le industrie culturali e creative


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Icc, in Italia mancano leggi appropriate

Intervista a Giuseppe Viggiano, Cna cultura e spettacolo icc_foto_viggiano_296

di Roberta Balzotti

In Italia la cultura produce oltre 40 miliardi di euro di prodotto interno lordo e occupa 550.000 lavoratori, secondo dati Istat riportati dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e delle piccole e medie imprese. Proprio in seno alla Cna di Roma e provincia è stata costituita a marzo la Cna cultura e spettacolo. “Negli ultimi tempi ci siamo accorti della necessità di raggruppare all’interno della Confederazione le imprese attinenti alla cultura e allo spettacolo per dare loro una voce unica”, spiega a Televideo il presidente della neonata struttura, Giuseppe Viggiano (nella foto qui a sinistra). “ Così a Roma è stato avviato questo progetto pilota da ampliare e replicare in tutto il territorio nazionale”.

A livello nazionale, trattandosi di un settore variegato, è difficile quantificare imprese di questo genere; a livello locale, la vostra associazione quante ne conta?
“A Roma e provincia ne raggruppiamo circa 400. Si tratta di imprese piccole, che hanno 10-20 dipendenti ciascuna. Hanno a che fare con editoria, restauro, sartoria teatrale, scenografia, audiovisivo, studi di montaggio”.

Quale è la vostra mission?
“Capire in che modo ci rapportiamo all’Europa; capire quali sono le cose che si muovono per portare avanti le nostre proposte che vengono dal vissuto sul campo. Noi siamo imprenditori strani, avendo a che fare con questo mondo della cultura e dello spettacolo per passione. Generiamo ricchezza culturale ed economica”.

Quanto denaro muovono, in Italia, le imprese culturali e dello spettacolo?
“Per ogni euro investito dalla Stato ne ritornano almeno 10 in movimento economico”

Per fare impresa servono soldi…
“La cultura è un bene pubblico, come l’istruzione e la sanità. Lo Stato deve impegnare risorse economiche ma deve dare anche agli imprenditori strumenti per fare impresa”.

Di quali strumenti c’è bisogno?
“Questo è un settore ancora sregolato. In Italia mancano leggi appropriate; e queste vanno fatte in concertazione con i lavoratori e le imprese di settore. Manca per esempio una legge sugli spettacoli dal vivo, una legge quadro che comprenda tutto quello che ne deriva: opportunità, competenze, politica culturale, formazione. Devono esserci leggi regionali specifiche. Alcune regioni, come Emilia-Romagna, Piemonte, Puglia, le hanno. Nel Lazio è in attuazione quella sull’audiovisivo e cinema”.