Pirati in Somalia


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'Così li bracchiamo'

Parla l'ammiraglio Giovanni Gumiero, comandante della forza Nato impegnata nella lotta alla pirateria gumiero_2_296

di Nello Rega

La telefonata arriva mentre il cacciatorpediniere italiano “Durand de la Penne” sta navigando tra Puntland (estremo nord della Somalia) e il canale di Socotra. La corrente del mare è forte, così come la responsabilità del lavoro che si sta svolgendo. La voce è forte e chiara. E’ quella dell’ammiraglio Giovanni Gumiero.

“Stiamo scortando il mercantile ‘As Salam’ con a bordo 11 mila tonnellate di aiuti umanitari del Pam destinati alla Somalia. Crediamo di arrivare a destinazione, a Berbera, intorno ai primi giorni di dicembre”. Gumiero è il comandante della forza marittima della Nato impegnata nell’Operazione “Allied Provider”, ovvero l’impegno dell’Alleanza Atlantica contro la pirateria.

L’attività di sicurezza, scorta alle navi cariche di aiuti umanitari si estende al largo delle coste somale, fino al Golfo di Aden. Una zona marina vastissima, decine di volte la superficie dell’Italia.

Ammiraglio, oltre al pattugliamento, siete intervenuti direttamente contro i pirati somali?

 "Durand de la Penne il 15 novembre ha evitato un tentativo di sequestro da parte dei pirati. Abbiamo raccolto la richiesta di aiuto di un mercantile. Abbiamo subito inviato un nostro elicottero sopra il mercantile a rischio. I pirati a quel punto hanno fatto marcia indietro. Questo esempio pratico prova che la nostra presenza qui è sicuramente un ottimo deterrente" -


Perché la pirateria sta alzando il tiro nelle ultime settimane?
“Il fenomeno è in crescita esponenziale perché i pirati hanno visto che è redditizio, molto, assaltare le navi, chiedere i riscatti, portare a casa i bottini. E poi perché la situazione che viviamo in mare è parallela a quella che vi è sulla terraferma. Lì non ci sono regole, vale solo la legge del più forte. Armi, munizioni, violenze, sono all’ordine del giorno. E qui in mare stanno facendo lo stesso”.

Sono aumentati gli attacchi; anche le tecniche  sono cambiate?
“C’è stata sicuramente un’evoluzione dei mezzi e delle tattiche. I primi pirati credo che abbiamo agito in modo meno regolare, meno organizzato.I pirati di ultima generazione
sono uomini disposti a tutto, ben armati, hanno soldi e non hanno nulla da perdere. E soprattutto sono coscienti della loro forza e della quantità di denaro che possono avere assaltando una nave. Oggi sanno chi colpire e soprattutto sanno quando non farlo”.

Si può parlare di collegamenti tra pirati e terrorismo?

“Sicuramente all’inizio il fenomeno è stato gestito da criminalità comune. Oggi la commistione non è da scartare. Ovviamente i legami non possono essere certi”. 

Cosa si può fare di più contro questo gruppo assetato di razzie”?
“Bisogna proseguire con queste operazioni, ampliarle. Ma è anche necessario intervenire a terra, riportando ordine, sicurezza, stabilità, regole, leggi. Queste due azioni possono dare risposte concrete ai pirati. Intanto la navigazione del “Durand de la Penne” prosegue a ritmo lento.

A tratti la voce dell’ammiraglio viene “inghiottita” dalla linea telefonica non sempre pulita. “Sono onorato dell’incarico che ho ricevuto e che l’Italia guidi attualmente questa operazione. Non dimentichiamo che il vero obiettivo del nostro lavoro qui è di far arrivare a destinazione gli aiuti umanitari alle popolazioni della Somalia. Finora abbiamo fatto arrivare migliaia di tonnellate di viveri. Questo aspetto umanitario è la cosa più bella di quello che stiamo facendo qui. Ci sono milioni di persone che non hanno cibo e questi aiuti sono per loro l’unica salvezza per continuare a sperare di vivere. Purtroppo i pirati non pensano a questa gente, non pensano al dolore di chi soffre. Ed è per questo che lavoreremo sempre al massimo per garantire sicurezza e l’arrivo degli aiuti del Pam”. Il viaggio prosegue, e a Berbera tra qualche giorno i generi alimentari arriveranno a destinazione, anche a dispetto della pirateria.