Televideo


Stampa

Il 'Barbanera', previsioni affidabili dal 1762

Il lunario più famoso del mondo è stampato in 2 milioni e mezzo di esemplari barbanera_296

di M.R.

Del calendario come vero e proprio promemoria per la misurazione del tempo si hanno testimonianze che si perdono nella notte dei tempi: la più antica sembra essere un osso di aquila trovato a Le Placard, in Francia: vi sono delle incisioni che sembrano basarsi sul ciclo della Luna. L'osso risale all'11.000 avanti Cristo.Dovranno passare diversi millenni per avere un’edizione a stampa, quella che più si avvicina a quanto vediamo oggi.

A Foligno la prima stampa della Divina Commedia e del Lunario
Correva l’anno 1761 a Foligno, florida comunità dell’Italia centrale già fattasi conoscere per un’altra stampa passata alla storia, la prima della Divina Commedia, del tipografo di Magonza, allievo di Gutenberg, Johann Numeister, nel 1463. Narrano le cronache che al mercato si presentò un ambulante con un carico che riteneva particolarmente prezioso. Era il 15 settembre. Tra i banchi della fiera, l’uomo attese il momento migliore per proporre la sua merce a compratori e curiosi presenti: “Barbanera! Barbanera di Foligno! Santi, fiere, tempo e lune. E per tutti, il Discorso generale del famoso Barbanera, per l'anno 1762"… Quell’almanacco, uscito dalla stamperia di Pompeo Campana e decorato da piacevoli xilografie, entrò così nella storia e divenne il Lunario italiano per eccellenza.

Fiere, mercati e cantastorie all'inizio dell'avventura
Barbanera era già noto in città e in molti si rivolgevano a lui per averne insegnamenti e consigli. Ma solo in quell'anno il mitico personaggio decise di affidare alla carta stampata, al foglio unico di un lunario da parete, il frutto di anni di osservazioni e studi. Da allora il Lunario prese a raggiungere ogni anno i sempre più numerosi e affezionati lettori. E tale fu la sua notorietà che ben presto travalicò i confini della città. Venduto per fiere e mercati da cantastorie e ambulanti, il Barbanera si acquistava a partire dal mese di settembre. Entrava così nelle case dove, appeso in cucina o nella stalla, si dimostrava indispensabile strumento per le attività quotidiane, ricco com'era di consigli per i lavori agricoli, le previsioni del tempo, i santi e le feste dell'anno.

Gabriele D'Annunzio: "Il libro del mio capezzale è il Barbanera"
Così Barbanera, solitaria figura di astronomo, divenne nell'Italia agricola tra '700 e '800 un'istituzione, una sorta di "vangelo" soprattutto tra i ceti rurali. Anche se poi, dato il forte legame con il tempo e la realtà, non mancò di affascinare illustri personaggi di epoche diverse, dal celebre architetto Giuseppe Piermarini, progettista del Teatro alla Scala di Milano, a Gabriele d'Annunzio, che così scrisse in una lettera inviata al parroco di Gardone: "... La gente comune pensa che al mio capezzale io abbia l'Odissea o l'Iliade, o la Bibbia, o Flacco, o Dante, o l'Alcyone di Gabriele D'Annunzio. Il libro del mio capezzale è quello ove s'aduna il 'fiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioni': il Barbanera..." (27 febbraio 1934). Al Vittoriale, la casa di D'Annunzio sul lago di Garda, tra gli oggetti cari al poeta si conserva ancora oggi la collezione dei "Barbanera", così come varie lettere in cui l'astronomo viene spesso citato.

Personaggio storico con una spruzzata di mito
Quanto al personaggio, tradizione vuole che Barbanera sia veramente vissuto a Foligno. Cresciuto in una numerosa famiglia, andò giovanissimo a studiare in convento. Ben presto però, spinto da una forte vocazione eremitale, lasciò la vita monastica per isolarsi e dedicarsi alla contemplazione del cielo. La sua casa rimase tuttavia sempre aperta agli abitanti del contado ai quali dispensava consigli e previsioni. Soprattutto Barbanera aveva un amico e discepolo, Silvano, che lo raggiungeva periodicamente e al quale comunicava, all'approssimarsi di ogni nuovo anno, le previsioni per il tempo a venire che lui poi diffondeva in città. Di Barbanera, del suo aspetto, del suo volto, non si hanno descrizioni dettagliate, ma soltanto piccole incisioni che lo raffigurano intento al suo lavoro. Si tratta delle immagini contenute nei più antichi lunari Barbanera, dove colui che viene detto astronomo, astrologo e filosofo, compare con tutti gli strumenti che di quelle scienze fanno parte. Il compasso, il cannocchiale, la mappa coeli, i libri, lo sguardo rivolto al cielo nell'atto della misurazione e della previsione. A sottolineare questa sua funzione, già nelle primissime edizioni compare la strofa: "Il sol, la luna ed ogni sfera or misura Barbanera, per poter altrui predire tutto quel che ha da venire". Come pure l'abbigliamento, il copricapo e la postura ascrivono la figura di Barbanera ad un modello dalle radici molto più antiche e comuni a culture diverse: dai Caldei agli Egizi, ai Druidi. E’ un solitario astronomo-astrologo misuratore del tempo che osserva le stelle per dedurre, dai loro ciclici movimenti, il ritmo dell'anno e le previsioni di pratica utilità.

Il primo almanacco nel XII secolo
Ma quello di Barbanera, per quanto il più noto e diffuso, quello di più lunga durata, non è stato il primo almanacco stampato in Italia. Al XVI secolo risalgono infatti i primi esempi di questo diffuso genere di edizioni, caratterizzati da una gran varietà di informazioni di tipo astronomico e astrologico, di consigli pratici, ricette, proverbi, curiosità, passatempi. Sia il nome, almanacco, che il genere, hanno origine invece nel XII secolo, quando gli arabi diffusero in Europa l'uso di tavole astronomiche, dette appunto "Almanackh", per determinare la posizione e i movimenti del sole, della luna e degli astri.

Mezzo insostituibile per l'alfabetizzazione e la promozione della cultura italiana
Con i secoli, poi, i contenuti si sono arricchiti e diversificati, fin quando, nell'800, grazie alla sua ampia diffusione, l'almanacco divenne un importante strumento nel processo di alfabetizzazione non solo dei ceti rurali. A distanza di oltre due secoli, il pensiero, i consigli, l'ottimismo di Barbanera, si ritrovano nelle pagine e nell'inconfondibile atmosfera delle sue edizioni. Nel tempo i lettori sono cambiati, si sono urbanizzati, vivono esigenze, luoghi e ritmi diversi. A portare fino a noi l’essenza del calendario, anche se con imprescindibili ritocchi, sono stati i maestri stampatori folignati succeduti al Campana. Dalla fine dell’Ottocento, il tipografo Campi ed i suoi successori sono divenuti editori dedicandosi esclusivamente al Barbanera: non solo il calendario-lunario, prodotto in due milioni e mezzo di esemplari, ma anche almanacco e altre pubblicazioni collegate. Quest’anno c’è pure la novità di un calendario per ragazzi, “Il piccolo Barbanera”, con illustrazioni ed avventure e copie in inglese e in tedesco. Un modo non trascurabile di promozione della cultura italiana.