di Maurizio Righetti
Di sanità si parla sempre più spesso. Generalmente a proposito. Ma non sempre. E questo rende ancor più difficile orientarsi, auspicabilmente per migliorarlo, in un settore di per sé amplissimo, complesso e di importanza assolutamente primaria rispetto ad ogni altro nel quale si articola la vita singola e collettiva. Ci sono però elementi certi, o che tali dovrebbero ragionevolmente risultare, che impongono (“imporrebbero”, si deve dire a tutt'oggi) un'inversione di tendenza rispetto alle scelte ed ai comportamenti fino ad oggi effettuati in Italia se si vuole arrivare ad una salvaguardata convivenza sostenibile con uno standard almeno accettabile (ma auspicabilmente sempre migliore) per tutti. Invece che avviarsi ad un collasso difficilmente reversibile. Gli indicatori Istat disegnano una realtà complessa sulla quale è inevitabile intervenire
Che l’assistenza sanitaria e la previdenza rappresentino un asse portante del welfare lo conferma anche uno studio dell'Istat, nel quale viene ripetuto il concetto (ovvio e incontestabile) che obiettivo dei sistemi sanitari nazionali è la promozione e il miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini, da attuarsi mediante iniziative di educazione, prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Gli indicatori sanitari - annota l'Istat - misurano una realtà che, oltre a rappresentare una voce centrale nel bilancio dello Stato, è soprattutto un elemento primario del sistema dell’assistenza sociale. Da oltre un decennio, in Italia e nell’Unione Europea, il sistema sanitario è sottoposto a riforme che hanno come obiettivo la razionalizzazione delle risorse e il contenimento della spesa. Sperando che il diritto alla salute sia quanto meno sottinteso. I fattori principali che vanno tenuti presenti in un nuovo progetto di sanità realmente efficace ed efficiente - a misura d'uomo (di ogni uomo) - sono, dunque, i seguenti:
La spesa sanitaria pubblica supera i 110 miliardi di euro, pari al 7,3 per cento del Pil e ad oltre 1.800 euro annui per abitante (2009). La spesa sanitaria pubblica italiana è molto inferiore a quella di altri importanti paesi europei. Le competenze, in Italia, sono in capo alle Regioni e dunque la media di spesa non corrisponde con precisione all'impegno di ogni singolo territorio. All'interno dei bilanci regionali, la spesa sanitaria mediamente copre intorno al 70%.
Le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 21,3 per cento. La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,9 per cento del Pil nazionale e ammonta a 1.178 euro per famiglia (anno 2008). L’Italia è tra i paesi Ue con il maggior numero di medici in rapporto alla popolazione residente, quasi 410 ogni centomila abitanti (2009).
In tutte le regioni, tra il 2002 e il 2007, si è verificata una convergenza verso la media nazionale del numero di posti letto ospedalieri per mille abitanti (passata da 4,3 a 3,7).
Le regioni nel complesso sono interessate da circa 650 mila ricoveri ospedalieri di pazienti non residenti e da oltre 570 mila ricoveri di pazienti provenienti da una regione diversa da quella di residenza (2008). Questo provoca un aggravio pesante di spese pubbliche e private e in parte contribuisce a determinare il deficit di molte amministrazioni regionali, alcune delle quali sono costrette (ovviamente anche per una serie di altre e ben più significative ragioni) ai piani di rientro.
I tumori e le malattie del sistema circolatorio rappresentano le principali cause di ricovero sia in Italia sia nel resto dell’Europa.
Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di morte in quasi tutti i paesi dell’Ue. In Italia, il tasso standardizzato di mortalità per queste cause è pari a 32,6 decessi ogni diecimila abitanti, quello relativo ai tumori è pari a 26,6 decessi ogni diecimila abitanti, con valori maggiori negli uomini (36,8) rispetto alle donne (19,6). I tumori rappresentano in Italia e in Europa la seconda causa di morte (2007).
I fumatori e i consumatori di alcol rappresentano il 23,0 e il 16,1 per cento della popolazione di 14 anni e più; le persone obese il 10,3 per cento della popolazione adulta (2009). I tempi di attesa delle prestazioni nel servizio pubblico sono lunghi (per molti accertamenti di utilità assoluta occorre anche qualche mese) e non uniformi sul territorio.
La qualità del servizio, generalmente soddisfacente, mostra comunque delle carenze per settori di intervento e per aree geografiche.
La tecnologia degli strumenti clinici e della comunicazione dei dati è strada troppo poco conosciuta e percorsa, specie in relazione alle sue straordinarie potenzialità.
L'informazione sanitaria e quella sui comportamenti e i percorsi (tutti) da seguire sono assolutamente carenti.
La vita media si allunga, le patologie crescono, si sopravvive fortunatamente di più alle malattie e tutto questo comporta altre significative allocazioni di risorse per diagnosi, cure, assistenza, follow up, riabilitazione.
Non basta eliminare gli sprechi. No ai tagli indiscriminati
Davanti ad un quadro (certamente molto schematico) come questo, i cambiamenti da pensare e attuare devono avere, per incidere realmente, un peso ragguardevole; essere, in qualche modo, rivoluzionari. Non basta certo, anche se può servire, eliminare sprechi, inefficienze, servizi inutili e duplicazioni. Meno che mai si può procedere, per i danni sociali incalcolabili che questo provocherebbe e come pure molti soggetti decisori sembrerebbero orientati a fare, a tagli orizzontali indiscriminati. Un progetto che piace anche a... Cameron
Si muove in questa direzione il progetto - in parte in linea con le scelte che si appresta ad effettuare l'amministrazione britannica di Cameron - elaborato da Mario Brozzi, capogruppo della Lista Renata Polverini e vicepresidente della commissione Cultura, spettacolo e sport della Regione Lazio. Medico di famiglia, Brozzi è stato per 16 anni nell'area sanitaria della As Roma Calcio, 9 dei quali come responsabile.
Il Lazio capofila di una possibile rivoluzione
La sua è un'idea che si va strutturando inizialmente per il Lazio (che potrebbe essere dunque capofila di questa nuova impostazione del servizio e del comportamento socio-sanitario di singoli e gruppi) e che integra pubblico, privato e privato-sociale. Considerando che nel nostro Paese, per dettato costituzionale, la Sanità è gestita dalle Regioni e che il Lazio è una di quelle a maggiore consistenza demografica e con più marcata incidenza sul bilancio complessivo (il 74%) oltre ad avere una grande presenza di strutture d'avanguardia, ma di anche di situazioni in vario senso paradigmatiche, ecco che il progetto assume un senso ed un peso tutt'altro che trascurabili.
“Troppi gli accessi inutili e dispendiosi nei Pronto Soccorso”
“Una riorganizzazione dei sistemi sanitari territoriali è necessaria - spiega Brozzi - se consideriamo che il 70% degli italiani si dichiara non soddisfatto del servizio sanitario nazionale; che l'80% degli accessi ai Pronto Soccorso ospedalieri sono codici bianchi o verdi, tali, cioè, da poter essere gestiti in strutture alternative idonee; che ogni anno gli accessi al Pronto Soccorso sono più o meno due milioni e mezzo”. Ridare efficacia all'assistenza e dignità ai cittadini
Per Brozzi diventa dunque indispensabile attuare concretamente il principio della solidarietà: “Solo nel mutuare vicendevolmente le necessità di ognuno nel rispetto di tutti è possibile restituire efficacia ai servizi di assistenza sanitaria e dignità ai cittadini”. Richiamando l'ultimo comma dell'articolo 118 della Costituzione (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”), Brozzi nomina espressamente il suo progetto “La Clinica di prossimità, il Consorzio dei cittadini”. Per essere attuato, esso deve coinvolgere medici (già 'sondati' e sicuramente attenti), operatori sanitari e cittadini. “L'iniziativa - spiega Brozzi - permette ai cittadini, di diventare, all'interno del sistema, fruitori del servizio e controllori dello stesso: meccanismo osmotico che, già di per sé, pone le basi per assicurare efficienza, tempestività, rispondenza alle reali esigenze del singolo e della comunità”. Assistenza di base nella clinica di prossimità
Due sono i soggetti collettivi intorno ai quali ruota questa radicale riforma: il consorzio dei cittadini, il gruppo dei medici di base. Il ruolo di questi ultimi cambia e si ridetermina in una Clinica di Prossimità che gestisce la medicina generale, la degenza breve, i servizi ambulatoriali poli-specialistici, la diagnostica per immagini, il laboratorio analisi, l'assistenza domiciliare integrata; con l'indispensabile supporto dell'informatica e grazie a server dedicati, il tutto si allarga in rete agli ospedali di riferimento, all'università, a Regione e istituzioni sovraregionali come Stato ed Unione Europea. L'assetto comunicativo-informatico crea il principale collante con il Consorzio dei cittadini che, sviluppandosi intorno alla gestione della sanità di prossimità, investe diversi ambiti della vita del socio aderente: salute, assicurazione, sicurezza economica (forme di microcredito e di mutuo soccorso all'utente), occupazione, organizzazione sociale (con reinvestimenti in strutture di prossimità utili alla popolazione).
La card elettronica socio-sanitaria
Informatizzazione, sanità e vita sociale sarebbero in piena interazione grazie ad una card (e altrove ne esistono già di questo genere) che, attraverso l'utilizzo di due microchip, permette operazioni finanziarie (bancomat) e socio-sanitarie (completa anamnesi digitalizzata del paziente). Il risultato è il tanto ambito, e tutt'altro che avveniristico, Ospedale Domiciliare.
Innumerevoli i vantaggi del nuovo sistema
Brozzi riassume le finalità del suo ambizioso progetto: ridurre considerevolmente i costi della salute del cittadino; allestire servizi sanitari più immediati ed efficienti; abbattere le liste di attesa; velocizzare i tempi di diagnosi e terapia; agevolare l'accesso alle informazioni sanitarie dell'utente, da parte dell'interessato, del medico curante e delle strutture di ricovero e terapia; snellire le pratiche burocratiche della gestione sanitaria periferica: creare o o ricreare quella “macrofamiglia” che era la “microsocietà” di quartiere o di paese.
Il peso della tecnologia e della ricerca
Può darsi che un tale programma sia stato dettato dall'impossibilità di andare avanti secondo i vecchi schemi, ormai giunti al loro epilogo finanziario e strutturale. E che lo consigli e lo faciliti l'impressionante sviluppo della tecnologia e della ricerca. Ma la sua logica è stringente la sua applicazione potrebbe essere certamente vincente. Per Brozzi, il progetto “è uno sviluppo attento di quell'idea di economia del benessere che valse il premio Nobel all'indiano Amartya Kumar Sen”