Una città popolosa quanto l’intera Spagna. La megalopoli che nascerà entro dieci anni nel Sud della Cina, tra Canton e Shenzhen, conterà 42 milioni di abitanti e sarà solo il più recente degli immensi agglomerati urbani che continuano a moltiplicarsi nel Nord ma soprattutto nel Sud del mondo.
Il processo è inarrestabile. L’asse urbano integrerà nove città che da sole valgono il dieci per cento del Prodotto interno lordo cinese. I progetti, tra infrastrutture, comunicazioni, energia, industrie, sono più di 150. L’intento è creare una rete che faccia ulteriormente progredire l’economia locale, migliorando l’efficienza del territorio, sviluppando i servizi, i trasporti e le comunicazioni, razionalizzando e abbattendo i costi sociali. Ma sarà davvero così?
I vantaggi delle megalopoli sono molti: un enorme capitale umano a disposizione, grandi opportunità di sviluppo ed innovazione, dinamismo economico, scientifico e culturale, ricchezza di professionalità e competenze. Ma almeno altrettanti sono i problemi che affliggono le super-città, soprattutto nei Paesi poveri, dove lo sviluppo urbano rapido e disordinato produce difficoltà e tensioni sempre più forti.
Approvvigionamento e distribuzione dell’acqua e dell’energia; smaltimento dei rifiuti e trattamento delle acque di scarico; caos nei trasporti; inquinamento; gravi carenze sanitarie e abitative; enormi sacche di povertà; criminalità e insicurezza diffuse; forti tensioni sociali: sono solo alcuni dei problemi delle grandi conurbazioni, dove spesso la infrastrutture non riescono a tenere il passo con l’aumento della popolazione.
In principio fu Londra
All’inizio del ventesimo secolo l’unica vera megalopoli del mondo era Londra, capitale di un vasto impero. Ben presto le si affiancò New York, ma ancora nel 1950 solo il 30% della popolazione mondiale viveva in città. La percentuale salì al 47% nel 2000 e continua ad aumentare anno dopo anno: nel 2030 potrebbe toccare il 60%.
Intanto, le megalopoli sono diventate diverse decine: la più estesa è la cosiddetta “Grande Tokyo”, che conta oltre 35 milioni di abitanti. Ma tra le prime dieci super-metropoli – che catturano nella loro orbita anche aree verdi, boschive o coltivate – sei appartengono a Paesi emergenti, o poveri: Città del Messico, San Paolo, Mumbay, Manila, Giacarta, e New Delhi. In Italia, siamo ancora lontani: Milano, che con i comuni vicini rappresenta la più vasta aerea metropolitana nazionale, è appena al 76° posto.
Ma è il futuro ad allarmare. Soprattutto in Asia e Sudamerica, città già molto estese continuano ad espandersi e ad unirsi, divorando spazio e cementificando le campagne, accogliendo masse di immigrati spesso destinati a condizioni di vita precarie nelle baraccopoli, candidati all’emarginazione e allo sfruttamento.
L’impronta ecologica (il peso sulle risorse ambientali) di questi enormi agglomerati urbani cresce inoltre modo esponenziale, contribuendo ad abbassare la qualità dell’esistenza di tutti gli abitanti, ricchi e poveri, nuovi e vecchi residenti. La questione della sostenibilità delle megalopoli, insomma, è ormai ineludibile. Dalle risposte che urbanisti, politici, amministratori locali e tutti gli altri attori coinvolti nel progressivo inurbamento mondiale riusciranno a dare, dipenderà il futuro di oltre seicento milioni di esseri umani: gli abitanti delle megalopoli nel 2015. (V. R.)