I film del week end


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Venere nera

di Sandro Calice

VENERE NERA
Abdellatif Kechiche. Francia 2010, drammatico (Lucky Red)
Yahima Torrès, Andre Jacobs, Olivier Gourmet, Elina Löwensohn, François Marthouret, Michel Gionti, Jean-Christophe Bouvet, Jonathan Pienaar, Olivier Loustau, Diana Stewart.

E’ una storia vera. Ma anche una riflessione sull’artista e sullo spettatore. Senza mezze misure, alla Kechiche.

L’anatomista George Cuvier all’Accademia Reale di Medicina di Parigi, nel 1817, mostra ai colleghi il calco del corpo di Saartjie Baartman, appartenente all’etnia ottentotta dell’Africa meridionale, e dice: “Non ho mai visto testa umana più simile a quella di una scimmia”. Saartjie era arrivata in Europa sette anni prima, al seguito del suo padrone Caezar. In Africa faceva la domestica, si era anche presa cura dei figli di Caezar, ma la sua particolare conformazione fisica la rende l’attrazione perfetta per i “civili” europei. “Farai l’artista, entrerai nel mondo dello spettacolo” gli aveva detto Caezar. E Saartjie comincia a mostrare il suo corpo nelle fiere e negli zoo di Londra, la gente accorre per vederla e soprattutto per toccarla, quella “bestia” chiusa in gabbia che potrebbe anche morderli, ma capace di cantare e ballare. Non è la vita che voleva, ma è solo l’inizio. Il domatore di orsi Réaux la porta a Parigi, gli scienziati dell’Accademia di medicina vogliono studiarla, l’abisso è dietro l’angolo.

La storia della Venere ottentotta è vera, il calco del corpo di Saartjie è stato esposto in un museo di Parigi fino al 1974 e solo nel 2002 il Sudafrica è riuscito a farsi restituire i suoi resti. Ma non è un film sull’oppressione e sul razzismo, almeno nelle intenzioni del regista, quanto piuttosto sulla “oppressione dello sguardo degli altri”. Saartjie, pur trattata come una bestia e considerata tale dal pubblico, non era costretta a stare con Caezar, ma sperava davvero di diventare un’artista. Il punto è che “ era prigioniera del modo in cui gli altri la vedevano” e “c’è una progressione nel film per quanto riguarda l'esibizione del corpo di Saartjie, una sorta di evoluzione, un percorso verso l’abisso. Il mio film è una storia su questa anomalia, e sui diversi sguardi che si poggiano su questo corpo anomalo”. C’è però da dire, sempre con le parole del regista, che “una donna nera e diversa sintetizza in sé tutti i motivi di oppressione”. Ed è emblematico che alla fine gli oppressori più crudeli alla fine risultino gli scienziati, con la loro egoistica e ambiziosa smania di trovare spiegazioni alle teorie colonialistiche. Le oltre due ore e mezzo di film questa volta, a differenza di “Cous Cous”, risultano abbordabili anche per una visione “non critica”. Kechiche preferisce sempre dialoghi, primi piani e interni all’ambientazione storica. Bravissima la protagonista, l’esordiente Yahima Torres, e belle le scene di gruppo con i volti trasfigurati del pubblico in cui emerge chiaramente chi siano le vere bestie. s.calice@rai.it