“Un anno fa nel mio blog avevo scritto che qualcosa sarebbe successo. E, infatti, quest’anno sono scoppiate le rivolte popolari anti regime. Ora, dico che Assad cadrà entro settembre”. Lo prevede Farid Ghadry, dissidente siriano, nativo di Aleppo, 57 anni portati molto bene, sorridente, elegante, un uomo moderato, perbene, e simpatico, co-fondatore del Partito Riformista Siriano con sede a Washington DC. Vive vicino alla capitale Usa, nel Maryland, con la sua famiglia, moglie e quattro figli, tutti cittadini americani, e sulle questioni mediorientali preferiscono restarne fuori perché si sentono fortemente americani e orgogliosi di esserlo. A Ghadry è stata tolta la cittadinanza siriana dopo essere intervenuto alla Knesset, il Parlamento israeliano. Da oltre 20 anni è cittadino americano. L’ultima volta che ha visitato la Siria è stato nel 1996. Di quel Paese oppresso e represso ha un altro ricordo:
“Ero bambino e mia madre ballava a una festa in abito lungo con una scollatura vertiginosa che le arrivava fino al fondoschiena, era sexy, bella. E ora, in Siria anche sui balconi ci sono i veli neri. Mia madre oggi ha 81 anni e vive tra la Siria e gli Stati Uniti. Quando va nella sua patria deve vestire con il velo nero. A lei non dà fastidio perché è anziana. I militari di Assad sono andati a farle visita una volta e le hanno detto che sanno chi è e che la tengono d’occhio. E lei ha risposto che appoggia Assad”.
E’ circolata più volte un’informazione errata sul luogo di nascita di Farid Ghadry: “Tentano di delegittimarmi. Quando qualcuno afferma che io stesso dichiaro di essere nato in Libano è perché qualcuno del regime tenta di non considerarmi siriano”.
Se l’opposizione in Siria riuscirà a far cadere il regime di Assad quale sarà lo scenario che prevede?
“Lo scenario ideale e più pragmatico per la Siria è un colpo di Stato con un Generale capace di contenere l’esercito e far cessare l’uccisione dei civili e permettere la formazione di un governo democratico e l’istituzione di un governo ad interim finché si terranno nuove elezioni. Questo è il futuro più immediato che prospetto, è quello desiderato dalla maggior parte del popolo siriano”.
Lei è molto speranzoso. Le brillano gli occhi. Giorni fa però a Damasco erano in migliaia in piazza a manifestare con una gigantesca bandiera della Siria in favore di Assad. Qual è la situazione? L’opposizione riesce a essere più forte del regime?
“E’ il regime a organizzare quelle manifestazioni, lo sta facendo ormai da tempo. Porta i suoi sostenitori in piazza, ma la maggioranza vuole far cadere Assad e non la smetterà di protestare finché non accadrà. Qualsiasi tentativo da parte del governo di mostrarsi forte, sostenuto e appoggiato dalla maggior parte della popolazione è futile”.
Quando la Siria sarà un Paese democratico quale sarà il rapporto con Israele?
“La pace con Israele è una componente importante per i nostri futuri rapporti. Pensiamo che un governo civile e democratico, di qualsiasi componente e rappresentanza, deve essere un governo che abbia abbastanza potere per intraprendere ottimi rapporti con tutti i nostri vicini, non solo Israele, ma anche con l’Iraq, Libano, Giordania, Turchia. Più di tutti con Israele perché come sapete Israele occupa le alture del Golan e noi ci auguriamo di poter raggiungere la pace per riavere le nostre terre”.
Le forze di sicurezza siriane non fanno nulla per impedire le violenze e spargimenti di sangue sulle alture del Golan.
“L’obiettivo di un regime è quello di restare al potere a qualsiasi costo, anche quello di uccidere la propria gente. Non è una questione di fare la guerra con Israele e neanche quella di liberare le alture del Golan e riappropriarsi delle proprie terre, ma il punto è restare al potere e per questo si uccide anche il proprio popolo. La nostra vera speranza è che quando vi sarà la democrazia in Siria si possa raggiungere la vera pace con Israele e mi auguro che venga fatto ogni tentativo. Finché ci sarà caos e violenza tra due popoli mancherà sempre la componente principale per raggiungere la pace, modernizzarsi, costruire e sviluppare un futuro prosperoso”.
La pace con Israele è il nodo principale da sbrogliare. Ma c’è anche l’Iran con Ahmadinejad che non riconosce lo Stato di Israele.
“I rapporti tra Siria e Iran saranno buoni quando anche il popolo iraniano riuscirà a far cadere il proprio regime. Vogliamo che i siriani abbiano ottimi rapporti con gli iraniani che devono essere liberi e che i loro diritti umani vengano rispettati e che vi sia una democrazia anche per loro come la vogliamo noi. Se cadrà Assad, cadrà anche Ahmadinejad. Questo porterebbe un grande e ottimo cambiamento in tutta la regione”.
Qual è l’atmosfera tra i siriani negli Stati Uniti o tra i cittadini di origine siriana rispetto alla questione mediorientale?
“Esistono due tipi di siriani oggi come oggi in America: quello totalmente integrato che porta alta la bandiera del sogno americano, e la mia famiglia rappresenta questo tipo di siriano. Poi, c’è un gran numero di emigrati siriani rimasti con i piedi e con il cuore in Siria. Sono quelli molto attivi in politica e vogliono tornare nel loro Paese. Ma ci sono anche i siriani come me che sono attivi fino a un certo punto che però non torneranno mai a vivere in Siria”.
In Siria dunque non è solo un problema politico, ma anche religioso?
“La cosa migliore per risolvere il problema è chiedere a una persona: Sei prima un siriano? Sei innanzitutto un arabo? Ti senti più un musulmano? A seconda della risposta si può capire che tipo di società ci possiamo aspettare. Io mi considero innanzitutto e principalmente un siriano. E mi sento così per la semplice ragione perché sono siriano come tutti gli altri e mi auguro di poter tornare in Siria un giorno e aiutare il mio Paese. Per come la vedo io non è un problema religioso perché per moltissimo tempo abbiamo convissuto, ma c’è una piccola minoranza all’interno della minoranza stessa che ha preso controllo del governo e ha fatto uso della violenza per uccidere moltissime persone. Chi ha le mani insanguinate verrà giudicato da una corte internazionale o da un tribunale locale. Tutte le minoranze in Siria, anche i cristiani, sono siriani, siamo un unico popolo e dividiamo la stessa terra e viviamo insieme nella speranza di vivere pacificamente così per sempre”.
Tunisia, Egitto, Yemen, Bahrein, non solo il popolo siriano si ribella. La Primavera araba è un momento storico. Quali sono i suoi sentimenti dopo aver visitato l’Italia e chiesto aiuto anche al nostro governo?
“L’Italia ha intrapreso un ruolo di spicco nella questione libica e penso che lo farà sul piano umanitario quando servirà in Siria. Questo porterà anche a un’ottima relazione tra la Siria e l’Italia e vice versa. Il mio viaggio in Italia è stato positivo, sono stato accolto da persone eccellenti, impegnate personalmente a ottenere il benessere di tutti. Ringrazio per l’ospitalità e mi auguro di tornare con qualche parola in italiano in più per poter comunicare meglio. Qualsiasi sia il governo scelto dal popolo italiano a noi va bene per costruire ottimi rapporti che aiutino la nostra gente”.
Ma la Nato interviene in Libia e perché non in Siria?
“La mia impressione è che la loro capacità militare sia molto limitata. Questa è la ragione”.
L’uso della violenza per portare la democrazia nei Paesi oppressi è visto da alcuni pacifisti come una forma di terrorismo.
“La libertà non è libera. In Siria ci sarà un periodo di transizione, probabilmente difficile, ma questi sono passi che siamo obbligati a fare. La violenza già c’è e, anche se ci auguriamo che ve ne sia sempre meno, per raggiungere la vera libertà dobbiamo fare tutto il possibile e potrebbe essere per tutti molto difficile”. (McdM)