Dall'Italia


Stampa

Perché una madre uccide il proprio figlio

Intervista alla psicologa Gianna Schelotto

di Emanuela Gialli

Il caso della donna di Catanzaro che ha ucciso la figlia di due mesi perché piangeva, è l'ultimo di una lunga serie di infanticidi. Ma quali sono le ragioni che portano una madre a uccidere il proprio bambino? Televideo ha interpellato la psicologa Gianna Schelotto.

Queste madri sono tutte vittime della sindrome “baby blues”, che colpisce molte donne dopo il parto, o di disturbi psichici sottovalutati o non diagnosticati in tempo?
"Vorrei fare una prima riflessione: la pochezza dell’informazione rende tutto arbitrario. Questa ragazza è figlia di tossicodipendenti e anche lei in passato ha avuto episodi di tossicodipendenza. E’ dunque cresciuta in un mondo concentrato su se stesso e poco sugli altri. Da bambina probabilmente ricevuto proiettività e non è stata in grado di darla alla figlia. Di fronte alla difficoltà del pianto, l’ha gettata a terra, come un oggetto".

La depressione post partum può determinare reazioni così violente?
E’ pericoloso fare di un fatto un fenomeno sociale. E’ generalizzante e pericoloso parlare di sindrome “baby blues” come origine e causa della violenza sui figli. Un ragionamento di questo tipo può avere ricadute negative sulle giovani mamme, tanto da condizionarle e impaurirle. Voglio dire che abbiamo pochissime informazioni per far risalire il fatto a un preciso dato clinico. Stiamo attenti alle etichette: questo è solo un tristissimo caso di cronaca.