di Juana San Emeterio13 ASSASSINI
di Takashi Miike. Giappone 2010, azione (BIM)
Kôji Yakusho, Yusuke Iseya.
La moderna via del samurai. Sembra questa la difficile scommessa per il regista giapponese Takashi Miike che porta sullo schermo il remake di un classico di Kudo Eichii sull'impresa disperata dei tredici samurai assassini e ne fa una riflessione attuale.
Il nobile samurai Shinzaemon Shimada riceve in segreto l'incarico di assassinare il signore feudale Naritsugu per la sua crudele e violenta ascesa al potere. Insieme a un gruppo di abilissimi samurai, Shinzaemon progetta un'imboscata per catturare il feudatario, al suo ritorno dalla capitale Edo. Naritsugo viaggia protetto da un esercito capeggiato dallo spietato Hanbei, acerrimo amico-nemico di Shinzaemon. I samurai sanno che stanno per avventurarsi in una missione suicida. Shinzaemon e i suoi uomini trasformano un piccolo villaggio di montagna in una trappola mortale per Naritsugo. Quando questi arriva, i tredici assassini, però devono affrontare la morte dando inizio a una battaglia di proporzioni monumentali tra esplosioni, duelli di spada e diluvi di frecce, di fronte ad un esercito infinitamente superiore. Ma…
Takashi Miike ci descrive in modo rigoroso tutti i canoni di una tradizione come quella dei samurai, compreso l’harakiri inteso come gesto estremo di protesta e indignazione di fronte a un'ingiustizia. Miike pone al centro del film i gesti e il linguaggio di rituali antichi, immettendo però una vena di ribellione e diversità all’interno di quel mondo senza rivoluzionarlo ma ponendo i germogli di un cambiamento. Come ad esempio nel personaggio del tredicesimo assassino, un vagabondo che ripudia il codice del samurai, ma non si tira indietro quando di combattere con onore i nemici o la figura del nipote di Shinzaemon, eroe suo malgrado. “13 assassini” scandaglia con maestria quel mondo in cui onore e dovere hanno il sopravvento su tutto e la battaglia è accettata come inevitabile con la sua crudeltà e durezza. I suoi samurai-guerrieri sono rappresentati come macchine indomabili nella guerra ma anche strumenti di un potere assurdo di una società fondata su gerarchie che non possono essere messe in discussione dal basso ma solo battute dalle spade o, forse, dai germi di un cambiamento. Da vedere.