di Maurizio Iorio
Per seguire le tracce di Mimar Sinan non serve essere un esperto trapper, o l’ultimo dei mohicani, o un novello Sherlock Holmes. Basta munirsi di una guida turistica dettagliata, e saper resistere alle apnee da meraviglia estetica. Perché Mimar Sinan è conosciuto come il “Michelangelo ottomano”. E non è un paragone azzardato. Visse a lungo, ben 99 anni, oggi sarebbero più o meno 150, vista l’età media dell’epoca, il XVI secolo. Una fortuna, perché nel corso della sua lunga vita realizzò più di 300 opere, in pratica tutti gli edifici più importanti dell’impero Ottomano nel suo periodo di massimo splendore, e quasi tutti realizzati in età avanzata.
Fu contemporaneo di Michelangelo e Palladio
Moschee, palazzi, bagni pubblici, caravanserragli, ponti, acquedotti, disseminati in mezza Turchia, sono il lascito artistico di questo genio dell’architettura, in grado di riempire da solo un intero volume dell’Argan. Sinan, la cui provenienza etnica è controversa (albanese, serbo-austriaco o armeno, queste le ipotesi), fu contemporaneo di Michelangelo e del Palladio, e non è dato sapere se fra i tre ci furono contatti e/o scambio di conoscenze. Sta di fatto che Sinan fu nominato architetto capo dell’impero Ottomano da Solimano il Magnifico, e mantenne la carica anche sotto i suoi successori, Selim II e Murat III. Prima di occuparsi ufficialmente dell’architettura dell’impero, Sinan aveva fatto parte del corpo scelto dei giannizzeri del sultano, partecipando a numerose campagne militari, grazie alle quali accumulò una notevole esperienza in costruzioni del genio, come ponti, macchinari da guerra, opere di fortificazione. Basta una giornata ad Istanbul per rendersi conto di che sorta di impronta abbia impresso nel patrimonio artistico mondiale. L’inizio del cammino
Si può cominciare dalla moschea Sehzade, (dedicata da Solimano al primogenito Mehmet) che presenta notevoli innovazioni strutturali, dalla copertura sostenuta da quattro grandi pilastri, alle piccole cupole collocate agli angoli dell’edificio, alle gallerie per nascondere i contrafforti. Imponente la moschea di Solimano (Suleymaniye Camii), il cui enorme complesso ospita diverse scuole coraniche, un ospedale, un ospizio, le cucine, un hamman ed un caravanserraglio. Nel cortile interno trovano posto mausolei dello stesso sultano e della sua favorita Roxelana. Sinan superò lo schema progettuale delle moschee tradizionali ottomane, lavorando sul rapporto fra gli spazi pieni e quelli vuoti, e sull’ampliamento del grande volume interno, sostenuto da soli quattro pilastri e riempito di luce. Furono proprio le moschee il fiore all’occhiello del grande architetto, che ebbe l’incarico da Solimano di riportare Istanbul agli splendori dell’antica Bisanzio. Fra le tante, quella di Mihrimah, ad Uskudar, sulla sponda asiatica del Bosforo, quella di Rustem Pasa e quella di Selimiye, ad Edirne, ai confini con la Bulgaria. Lo stesso Sinan volle essere tumulato nel grande complesso imperiale.
Selimiye, la moschea capolavoro
Il vero capolavoro di Sinan è la moschea Selimiye, progettata all’età di 80 anni, ed edificata ad Edirne su incarico di Selim II. . L’architetto si dedicò anche alla costruzione di ponti, acquedotti, hammam, fontane pubbliche, mercati, mise le mani nel rifacimento di alcune parti del palazzo Topkapi. Da non mancare i bagni di Roxelana, riaperti al pubblico quest’anno, dopo un abbandono durato 105 anni ed un restauro durato 4 e costato 7,5 milioni di euro. Semplicità, eleganza, rigore geometrico, armonia delle forme: questi i quattro punti cardinali dell’architettura di Mimar Sinan.
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