Cambiamenti culturali


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‘Smarketing’, un’inedita strategia commerciale

Sobrietà, oculatezza, e proporzione contro la crisi smarketing_296

di Maria Vittoria De Matteis

Smarketing è uno dei termini della cosiddetta altra economia, assieme a decrescita, chilometri zero, commercio equo, gruppi di acquisto solidale, monete locali, autoproduzione. Sviluppa una critica radicale dei meccanismi, degli scopi e dei valori della pubblicità commerciale e più in generale delle strategie di mercato, intese come colonizzazione dell'immaginario, allungamento della filiera ed incentivo allo spreco di energia e materia.

Denuncia inoltre che le retoriche e le tecniche dell'adveritsement sono divenute così pervasive da condizionare spesso la comunicazione di soggetti che dovrebbero avere una visione del mondo opposta al consumismo: troppo spesso enti pubblici, associazioni, imprese no profit e della decrescita imitano grossolanamente stili, retoriche e supporti del marketing commerciale, con inutili costi di tempo, soldi e risorse.

Chi sceglie valori come la prossimità, la scala artigianale, la qualità, l’ambiente, la salute, il rispetto dei lavoratori, le aspettative del consumatore, non ha soldi da buttare in quella macchina bugiarda e avida che è il grande sistema promozionale. Deve spendere molto meno e molto meglio. All’altra economia serve il contrario del marketing, e quindi bassi costi economici, alleanza col cliente, basso impatto ambientale, zero compromessi etici, prospettiva lunga, autonomia del comunicante dalle agenzie.

Chi cerca un marketing magari un po’ alternativo e green (ma comunque dedicato a vendere a qualsiasi costo la massima quantità possibile di un qualsiasi prodotto, in un’ottica consumistica) resterebbe deluso. Questo formula è per quelli probabilmente considerati idealisti, antimoderni e ingenui; che poi la crisi colpisca così duramente i “realisti” e “aggressivi” e non chi si sta liberando dall’idea novecentesca di economia, è una questione su cui si può discutere. I soggetti interessati allo smarketing sono comunicatori interni di ditte individuali e piccole aziende profit che abbiano particolari valori di tipicità, etica, tutela dell’ambiente, missione sociale e creatività, aziende no profit di qualsiasi tipo, meglio se piccole e poco potenti, associazioni, enti pubblici, piccoli editori, emittenti, gruppi teatrali o musicali, videomaker, produttori culturali, associazioni anche informali con scopi di divulgazione scientifica.

Mediante servizi, consulenze e corsi, gli artigiani della comunicazione che aderiscono ai principi dello smarketing suggeriscono a soggetti e gruppi un modo di comunicare più idoneo alla loro natura ed alle aspettative del loro target di riferimento. Come, ad esempio, coltivare il pensiero collettivo per opporsi ad un modello di società individuale. Smarketing è nato come concetto e poi come rubrica e blog (e forse, chissà, libro) da un’osservazione e da un’urgenza: si è stanchi di vedere come ciò che è nato originariamente come strumento per venire incontro ai bisogni delle persone – sempre per fini di lucro, si intende – sia diventato un triste mezzuccio di puro consumismo col risultato di omologare l’offerta.

La disciplina incuriosisce anche lavoratori nei vari settori del marketing tradizionale, per i quali è importante che il loro mestiere abbia un’etica, e stanno scoprendo che c’è una relazione tra scarso senso della pubblicità e scarso senso della propria espressione creativa. In conclusione, lo scopo dello smarketing non è solo aumentare le vendite, ma facilitare la comunicazione di enti e aziende che perseguono valori ambientali, etici, culturali o conviviali, con una mission di utilità sociale.