di Francesco Chyurlia
La crisi economica ha portato alla luce fenomeni e tendenze che viaggiavano in modo silenzioso e con ritmi lenti. Lo tsunami della recessione mondiale e le defaillance delle grandi economie tradizionali, hanno accelerato ed evidenziato realtà economiche non ancora delineate e valorizzate. Se una è quella dell'economia dei Paesi produttori di petrolio, l'altra è quella del Mediterraneo. In un workshop internazionale della fondazione Istud, che Televideo è in grado di anticipare, Maurizio Guandalini, uno dei più qualificati esperti della globalizzazione, ritiene che la nuova Cina potrebbe essere proprio il Mediterraneo.
"Il varo dell'Unione per il Mediterraneo- dichiara a Televideo, l'economista Guandalini- e la firma dell'accordo tra Italia e Libia, hanno aperto una serie di opportunità economico e commerciali per le nostre aziende".
La tecnologia italiana unita a tecnologia e capitali degli Emirati possono essere veicolati sull'economia del Mediterraneo del Sud, che può avere un ruolo di cerniera. "Tra Egitto e Cina non ci sono grandi differenze nel costo del lavoro.Con l'unica differenza, non di poco conto:l'Egitto è a qualche centinaia di chilometri, invece la Cina migliaia di chilometri". Il made in Italy ricomincia da 4, i 4 Paesi del Maghreb.
Nel workshop Fare affari nel Mediterraneo che si terrà a Milano il 12 dicembre, si sottolinea che nel Maghreb (Marocco, Algeria, Libia e Tunisia) l'Italia esporta il 37% delle sue merci. L'Africa settentrionale è la destinazione privilegiata delle nostre imprese che hanno raddoppiato il loro fatturato nell'ultimo quinquennio. La Tunisia è la meta principale: 700 aziende italiane che investono circa 103 milioni di euro. In Marocco ci sono 300 imprese italiane che investono 40 milioni di euro. In Libia ci sono offerte per la realizzazione del nuovo gasdotto, reti di telecomunicazioni, porti, aeroporti
oltre che nel settore turistico.