di Maurizio Iorio
Oltre cento paesi hanno firmato ad Oslo il trattato per l’eliminazione delle bombe a grappolo, le famigerate “cluster bombs”, proiettili micidiali che spargono centinaia di piccoli ordigni sul terreno, molti dei quali rimangono inesplosi e continuano a mietere vittime per anni. Il testo del trattato è stato definito a Dublino nel maggio scorso, ma la maggior parte delle superpotenze mondiali, come Stati Uniti, Cina, Russia, India, Pakistan, Israele, produttori ed utilizzatori delle bombe, non aderisce alla ratifica. Tra i firmatari invece Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania e Canada. Il documento proibisce agli stati firmatari la produzione, l’utilizzo, lo stoccaggio, il commercio di questi ordigni, e ne impone la distruzione dei magazzini entro 8 anni, la bonifica dei siti e l’assistenza agli stati ed alle persone colpite.
“Quando metà del mondo l’ha firmato, è difficile ignorare un bando”, ha spiegato Daniel Barty, il leader della campagna australiana contro le “cluster bombs”. Il premier norvegese Stoltemberg, aprendo la cerimonia della firma, ha detto: “Abbiamo impiegato troppo tempo per arrivare al bando, troppe persone hanno perso gambe e braccia”.
Dal 1965 ad oggi si stima che in tutto il mondo circa 100.000 persone, di cui il 90% civili, sia stato ucciso o mutilato dalle bombe a grappolo. Il 25 % delle vittime sono bambini. Il paese più colpito è il Laos, che ha firmato il trattato per secondo, subito dopo la Norvegia, nazione ospite. Solo sul territorio laotiano, fra il 1964 ed il 1973, l’aviazione americana ha scaricato 260 milioni di cluster bomb. Gli Stati Uniti hanno motivato il rifiuto di aderire al trattato di Oslo perchè ritengono quest’arma essenziale per la sicurezza delle proprie truppe. Per l’Italia la firma è stata apposta dal Sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti, che ha sottolineato come “l’Italia sia stata fra i primi stati ad aderire, nel febbraio 2007, alla dichiarazione di Oslo sulle bombe a grappolo” ed ha auspicato una rapida entrata in vigore della convenzione, che “riveste una forte valenza sul piano della cooperazione ed assistenza internazionale nel campo umanitario”.