di Maurizio Iorio
Il trattato di Oslo è un punto di arrivo o un nuovo punto di partenza?
Direi che è un ulteriore passo rispetto ad alcune tematiche sociali ed è una vittoria importantissima della società civile, di quella che viene definita diplomazia dal basso, che riesce a portare all’attenzione dei governi delle problematiche che altrimenti sarebbero marginalizzate.
E’ uno dei pochi casi in cui la società si sostituisce alla diplomazia?
Non si sostituisce, ma comunque funge da stimolo. Bisogna considerare che prima dell’accordo sulle mine c’erano più di 90 paesi minati e in una ventina ci sono anche le cluster. Il fatto che adesso l’uso delle mine si sia riscontrato in due soli paesi, Cecenia e Birmania, è un grande successo.
Che effetti avrà il trattato sui paesi non firmatari? E quali sono?
Sono Usa, Cina, Russia, Israele, Pakistan, India, i classici stati che si oppongono a qualsiasi tipo di trattato sul disarmo in senso più generale. L’effetto è lo stesso che ha avuto il trattato antimine Ottawa del 1999; questi stati, pur non aderendovi formalmente , comunque ne vengono condizionati.
Qual è il contenuto sostanziale del trattato?
Viene messo al bando il tipo di munizionamento cluster che non possiede il meccanismo di autodistruzione. E’ stato dimostrato che le cluster funzionano tutte male e quindi tutta una certa tipologia presente negli arsenali dei paesi firmatari dovrà essere distrutta, non può essere utilizzata né venduta. Se si pensa che l’ Inghilterra, la Germania, la stessa Svizzera possiedono migliaia di queste sub munizioni, è una grande vittoria sapere che non andranno a colpire popolazioni civili inermi. Il principio di fondo è che quando un’arma colpisce indiscriminatamente i civili deve essere bandita. Il trattato di oggi rinforza ancor di più la convenzione di Ottawa, si definiscono con maggior forza gli articoli e gli impegni.
L’Italia è tra i firmatari.
Certo, ma c’è il rammarico che si va a firmare una convenzione avendo azzerato il fondo istituito con la legge n. 58 del 2001, che prevedeva dei piani triennali di finanziamento di progetti riguardanti le vittime delle mine ed il loro reinserimento socioeconomico. Comunque adesso c’è un emendamento bipartisan al Senato per ripristinare questo fondo, che lavora secondo i tracciati stabiliti dalla convenzione di Ottawa. Anche perché il trattato di Oslo non dice solo che bisogna distruggere le bombe, che peraltro l’Italia non ha mai utilizzato, ma che dobbiamo sostenere i paesi che ne sono vittime ed i progetti di cooperazione dedicati.