Un libro sulla storia della censura


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Musica, l'importante è proibire

Boicottati perfino il Piave e Faccetta Nera

di Maurizio Righetti

Il titolo è accattivante. E trasparente il riferimento al contenuto del libro. Con “L'importante è proibire”(sottotitolo “Tutto quello che la censura ha vietato nelle canzoni”), Maurizio Targa - giornalista, consulente musicale Rai, storico e critico - ripercorre oltre un secolo di dinieghi, ostracismi, condanne nei confronti di autori ed esecutori di canzoni. Fino al paradosso di un 'no' secco ad un brano di sola musica (quale suono osceno od offensivo potranno mai aver trasmesso quegli strumenti?). Cento anni, sì, perché già “La canzone del Piave”, e non fu la prima, si imbatté nella scure dei 'Catoni' di turno.

Scuole di pensiero in netto contrasto. Ma i limiti chi li stabilisce?
Il dibattito tra coloro che sostengono la libertà assoluta, anche al limite del pessimo gusto, dell'anarchia e magari del reato d'altro genere (la diffamazione, ad esempio) e quelli che vorrebbero un controllo severo, preventivo, d'autorità e opportunamente sanzionato è sempre stato aspro.

Escludendo la ragione assoluta di una delle parti, ci si dovrebbe affidare al buonsenso. Ed è proprio lì che sta il problema: chi deve stabilire quali siano i limiti comunque invalicabili? La storia, non solo della canzone, ma anche del cinema, del teatro, della pittura (e qui si può tranquillamente andare indietro di secoli, se non di millenni), di altre arti dovrebbe, però, averci insegnato qualcosa di oggettivo. Anzi, diverse cose: la censura sta sempre qualche anno indietro rispetto alla realtà; i giudici considerano un prodotto dell'ingegno alla stregua di un atto notarile; spesso non si conosce abbastanza a fondo la materia che si vorrebbe sottoporre a limitazioni; per ogni bene, la proibizione è -nei fatti- meglio di un gigantesco battage pubblicitario. Ci si potrebbe aggiungere, ragionevolmente, anche una bella dose di ipocrisia.

 

Così come si può argomentare, dall'altra parte, che non basta proclamare una malintesa libertà, o la presunta o reale chiusura di chi deve valutare, per permettersi di dire, fare o (nella fattispecie) cantare tutto. Oppure lo si potrebbe anche, se ognuno sapesse regolarsi da sé. Ma, a tutt'oggi, non fa parte del bagaglio degli uomini rispettare regole non scritte o imposte.

Le trasgressioni di Mina, Cugini di Campagna 'istigatori'
Dunque, titolo con riferimento specifico. Beh, una come Mina non avrebbe mai dovuto censurarla nessuno. Perché se è vero che la discriminante sta spesso nell'espressione artistica, la sua era di livello assoluto. Trasgressiva un po' lo era la “tigre di Cremona” e quel “L'importante è finire” presessantottesco una serie di turbamenti li avrà creati di sicuro. Per non dire del finale un po' trash di “Ma che bontà” o della chiarissima e senza allusioni “Nuda”.

Il testo di Maurizio Targa non esaurisce l'argomento, che ha l'ampiezza, anche aneddotica, di qualche enciclopedia, ma ci racconta con dovizia di particolari i casi più eclatanti e altri importanti, ma meno noti. Una vera e propria scorribanda tra le canzoni italiane che hanno subito gli strali della censura. Da “Fratelli d'Italia” a “Faccetta Nera” (boicottata durante il fascismo!) fino a De André, Battisti, i Pooh, Baglioni, per arrivare a Elisa, Cristicchi, i Negrita. Modugno era un habitué degli epuratori, per zittire la Cinquetti venne oscurato l'Eurofestival, i Cugini di Campagna furono accusati di istigazione al suicidio (verrebbe da dire che, forse, dopo aver sentito “Il ballo di Peppe”, qualcuno avrà pensato: ma che ci stiamo a fare in un mondo dove si cantano ancora canzoni così?). La censura non ha risparmiato né Verdi (Giuseppe) né Rossi (Vasco) o un singolo Rosso (Stefano). ...Ma almeno allora si poteva scegliere il 'lato b' di un disco senza pensare in automatico ad un paio di chiappe!

 

In appendice al libro: Banned! Un salto fuori confine: la censura negli Usa, Regno Unito, Argentina.
La prefazione è di Michele Bovi, giornalista e autore, capostruttura di Raiuno.