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Oetzi era in viaggio, ferito

Pubblicati i risultati dello studio sull'uomo di Similaun oetzi_296

di Federica Marino

Era partito per un lungo viaggio e si era preparato per restare a lungo lontano da casa. Poi rimase ferito e malgrado le erbe mediche che aveva portato con sé, morì sul ghiacciaio di Similaun, in Val Senales. Lì è rimasto per oltre 5000 anni, fino al 1991, quando una coppia di alpinisti tedeschi lo vide affiorare dal ghiaccio del Similaun, grazie al ritirarsi del ghiacciaio.

Oetzi –chiamato così per la vicinanza del ritrovamento alla tirolese Oetztal, Valle di Oetz- si trova oggi a Bolzano, nel Museo archeologico dell’Alto Adige, di cui è diventato l'inquilino più importante. Perfettamente conservata dal freddo, la mummia è stata analizzata per sette anni dai ricercatori: esame del Dna, studio degli abiti e dell’equipaggiamento, analisi del contenuto dello stomaco per capire il tipo di alimentazione, Tac per una panoramica del corpo e dello scheletro.

Al termine delle analisi, sappiamo molte cose di Oetzi e dell’Età del rame in cui è vissuto. Vestito con abiti e berretto di pelle e dotato di scarpe, Oetzi portava con sé un grande arco e la faretra, un’ascia, una gerla per la selvaggina e una rete per uccelli e lepri: l’equipaggiamento di un cacciatore esperto, in grado di provvedere al proprio sostentamento anche per molti giorni lontano dal villaggio. Oetzi aveva inoltre un “ritoccatore”, un manufatto di corno di cervo con manico di legno impiegato nell’Età del rame per rifinire le selci usate per le punte di freccia: nella faretra due erano già finite e altre dodici erano semilavorate. Anche l’arco era da finire e nella faretra è stato trovato un tendine animale lungo circa due metri: la corda da fissare ai due capi dell’arco. In un contenitore di corteccia di betulla Oetzi portava le braci per il fuoco, avvolte in foglie di acero. Quando morì aveva 46 anni, un’età ragguardevole per i suoi tempi; aveva i denti usurati, i vasi sanguigni erano calcificati e soffriva di parassiti intestinali. Si era rotto diverse costole e il setto nasale, ma le fratture si erano saldate. Alto un metro e sessanta, aveva gli occhi azzurri e i capelli castani, pesava 50 kg e aveva il 38 di scarpe. Studi sui denti mostrano che Oetzi era probabilmente altoatesino e comunque del versante Sud delle Alpi.

E’ stata un’emorragia a uccidere Oetzi;: una freccia scagliata alle spalle e da lontano gli trafisse la spalla sinistra provocandone la morte per dissanguamento. Poi forse chi lo aveva colpito raggiunse Oetzi: una profonda ferita da taglio alla mano destra fa pensare a una colluttazione poco prima di morire. Era estate, lo dimostrano i pollini trovati nell’intestino: sono di carpinella, una pianta che fiorisce in giugno. Oetzi aveva probabilmente qualche nozione di medicina, che non è servita a salvargli la vita. Portava con sé funghi che crescono sulle betulle e di cui si conoscono le proprietà emostatiche e antibiotiche: probabilmente Oetzi li impiegò per medicarsi. Lo stesso avrebbe fatto con il muschio: secondo i ricercatori dell'Universita' di Glasgow in Gran Bretagna, lo applicò sulle ferite alla mano e alla spalla, per fermare il sangue.

Tracce di muschio sono state trovate anche nell’intestino: nel Neolitico il muschio era impiegato per avvolgere e conservare il cibo. Secondo la ricerca pubblicata in Vegetation History and Archaeobotany, la varietà di muschio non è presente nella regione in cui la mummia di Similaun è stata trovata, il che fa pensare che Oetzi venisse da lontano. Da cosa fuggisse o dove andasse, non è più possibile saperlo: ma è arrivato fino a noi in un viaggio certo più lungo di quello che aveva immaginato.